Prima di vedere il futuro dei distretti nelle Marche vediamo il loro presente caratterizzato prima di ogni altra cosa da due fattori: notevoli carenze di personale e assenza di un direttore che non sia facente funzione in diversi distretti. Ne conseguono o si collegano:
- carenze nella assistenza domiciliare;
- carenze nella risposta residenziale;
- difficoltà nei percorsi di presa in carico alla dimissione dagli ospedali;
- ritardi nei progetti complessi come quelli relativi alla presa in carico proattiva della cronicità, alle demenze, alle aree interne (nelle zone interessate) e quello relativo alla messa a regime delle case della salute.
Il personale è fortemente motivato, ma senza il supporto del sistema alla carenza complessiva di risorse è difficile far fronte.
Di questi problemi la Regione è più o meno consapevole, visto che nel capitolo del Piano sulle linee strategiche scrive:
Lo studio del territorio, a conferma di quest’ultimo aspetto, ha evidenziato alcune carenze importanti di settore, principalmente la carenza di cure domiciliari ma anche la carenza di posti letto per estensività di residenzialità e semi-residenzialità (Hospice, Residenze Sanitarie Assistenziali [RSA], Residenze Protette [RP], Residenze Protette Disabili [RPD], etc.) confermando le difficoltà alle dimissioni dai reparti e gli accessi spesso impropri dei pazienti al Pronto Soccorso, dove cercano presso l’ospedale per acuti le risposte assistenziali che mancano nel territorio. Le indagini condotte hanno inoltre testimoniato difformità di accesso dei cittadini di diverse aree geografiche regionali verso i setting di cure tipicamente territoriali.
Ma per fortuna il futuro sarà diverso: il “nuovo” distretto nel Piano
Facciamo parlare il Piano che sul distretto afferma (tra parentesi in grassetto alcuni piccoli commenti):
L’assistenza primaria rappresenta il punto centrale dei processi assistenziali, con forti collegamenti con il resto del sistema e per realizzare questo obiettivo occorre che si strutturi un nuovo concetto di Distretto (nuovo?).
Lo spostamento dall’ospedale al territorio dell’asse portante degli interventi sanitari e sociosanitari, previsto dal presente Piano Sanitario Sociosanitario Regionale comporterà, necessariamente, la promozione del Distretto Sanitario come luogo di organizzazione delle risposte territoriali, riqualificandolo nel suo ruolo di valutazione dei bisogni individuali e collettivi, garantendogli una funzione di committenza chiara e valutabile, rafforzando la responsabilità e la gestione delle attività di integrazione sociosanitaria con la collaborazione sempre più strutturale e costante con gli Ambiti Territoriali Sociali (ma no? Non s’era mai letto).
Il Distretto Sanitario, grazie al lavoro in team di professionisti che condividono strumenti di valutazione, consente equità di accesso su tutto il territorio e migliora in maniera significativa la valutazione dei fabbisogni. A tal fine risulta imprescindibile l’approccio onnicomprensivo alla persona proprio della “Medicina di famiglia” (Medici di Medicina Generale (MMG) e dei Pediatri di Libera Scelta (PLS), con l’univocità del rapporto di fiducia medico-paziente che la caratterizza e la sua capillare diffusione sul territorio e la modalità ordinaria “on demand” (medicina di attesa) di organizzazione del lavoro per dare risposte al cittadino quando esprime il suo bisogno di salute (ma no? Non s’era mai letto nemmeno questo).
Il Distretto deve essere valorizzato per consentire che quello sia l’ambito ove si valuta il fabbisogno e la domanda di salute della popolazione di riferimento, e dove si tutela e programma la risposta assistenziale con un ruolo di governance orientata e problem solving. Le attività sanitarie e socio sanitarie territoriali integrate sono affidate, come previsto dalla Legge 189/2012 (cosiddetta “Legge Balduzzi”), alle varie figure professionali del Territorio, possibilmente operanti in team, che realizzano una presa in carico “over time”, raccordandosi di volta in volta con le strutture ospedaliere ed i diversi setting assistenziali territoriali (qui con gli inglesismi ci siamo scatenati!).
Per rinforzare il ruolo del Distretto Sanitario è necessario: potenziare e consolidare le forme di collaborazione ed integrazione con figure centrali quali il Medico di Medicina Generale (MMG) e il Pediatra di Libera Scelta (PLS) che, soprattutto per le persone fragili ed in situazione di fragilità, spesso rappresentano il primo accesso alla rete dei servizi sanitari e sociosanitari, oltre ad essere essi stessi i primi responsabili della “presa in carico”; valorizzare le diverse figure professionali presenti, a partire dallo sviluppo delle funzioni del personale infermieristico nell’ambito della gestione attiva delle patologie croniche e della figura dello psicologo ormai imprescindibile nelle emergenze e non solo (neuropsichiatri infantili no vero?). Sperimentazioni che prevedono un miglior utilizzo del personale infermieristico sono già attive nel territorio regionale ed hanno dimostrato una buona capacità di risposta ai bisogni assistenziali realizzando spazi di medicina proattiva con lo sviluppo degli Ambulatori Avanzati (dove?). Tali forme assistenziali dovranno trovare compiuta realizzazione nell’ambito del nuovo PSSR. A queste si affiancano le dimensioni di sviluppo delle Case della Salute tipo A, B e C/Ospedali di Comunità per consentire di attivare modalità di cura ravvicinate utilizzando in via rapida, qualora necessario diagnostica qualificata e vicina al cittadino (Ma quante novità tute in una volta! Ma non si doveva fare da anni?).
Nella parte introduttiva del capitolo 5 sulle direttrici trasversali di sviluppo, è stata già prospettata la necessità della valorizzazione del Distretto Sanitario (DS) “come luogo di organizzazione delle risposte territoriali”, rimodulando funzioni ed organizzazione a partire dal rafforzamento delle figure professionali che lo compongono (bene bene: si parla di rafforzamento!).
Nel Distretto Sanitario va garantito un numero adeguato di figure professionali dell’area medica, sanitaria ed amministrativa per poter dare risposte adeguate ai bisogni e agli impegni crescenti di cui dovrà farsi carico. Oltre ad una sempre più stretta collaborazione con le figure centrali dei MMG e dei PLS, risulta indispensabile che nel Distretto Sanitario siano presenti in maniera stabile l’Assistente Sociale, lo Psicologo, l’Educatore professionale ed altre figure professionali quali il “case manager”, l’Infermiere di famiglia (benissimo: piante organiche tutte da rivedere al più presto allora?).
L’OMS Europa già nel documento “Salute 21” del ’98, proponeva il ruolo innovativo dell’Infermiere di Famiglia e dell’Infermiere di Comunità (IFeC), quale consulente specialista-generalista, opportunamente formato ed in grado di agire soprattutto a livello preventivo attraverso la valutazione e la gestione integrata dei bisogni di salute di un gruppo di cittadini a lui assegnato, in stretta collaborazione con il MMG. Diventa questa la sfida della nuova organizzazione sanitaria di cui la regione intende dotarsi, dove l’infermiere del territorio sarà il professionista sanitario concentrato sulla salute della famiglia, intesa come nucleo familiare, e in particolare sarà il responsabile delle cure domiciliari e garantirà, in collaborazione con i MMG, l’insieme di tutti quei trattamenti medici, infermieristici e riabilitativi al fine di stabilizzare il quadro clinico e rendere migliore la qualità di vita del cittadino. Infermieri e MMG svolgeranno le necessarie azioni promotrici che garantiranno lo sviluppo della medicina del territorio con il potenziamento di ambulatori territoriali che saranno realmente proattivi. MMG, Infermieri e altri professionisti qualificati (Assistenti Sociali, Assistenti sanitari, Psicologi, ecc.) potranno sviluppare una nuova Medicina di Iniziativa avvalendosi di strumenti di informatizzazione, attualmente già avanzati nella nostra Regione ma non ancora utilizzati appieno (telemedicina e FSE) (Bene: dove sono i progetti con tempi, responsabilità, indicatori e risorse? In allegato al Piano ci sono nelle schede intervento appunti interessanti, ma non progetti).
I Distretti Sanitari e gli Ambiti Territoriali Sociali (ATS) sono il luogo privilegiato dell’integrazione sociale e sanitaria, sia rispetto al necessario livello di omogeneità territoriale ed organizzativo/gestionale, sia come interfaccia istituzionale principale tra il sistema dei servizi sanitari ed il sistema dei servizi sociali (e allora perché non si integrano?).
Gli operatori del settore sanitario e socio-sanitario sono la vera risorsa del sistema coloro che rendono possibile le risposte di salute. Spesso sacrificati in ruoli burocratici sono sottratti al loro compito principale. Lo sviluppo di supporti amministrativi che liberino le risorse dei sanitari per aumentare il tempo dedicato all’ascolto, alla diagnosi e alla cura è sicuramente un obbligo. Questo può realizzarsi anche grazie allo sviluppo di tecnologie utili allo scopo con sistemi informatici realmente gestionali, capaci anche di saldare il debito informativo (allora è vero: è fatta! Arrivano persino gli amministrativi!).