Abbiamo più volte presentato il programma di una inziativa sui primi 40 anni del Servizio Sanitario Nazionale che si è tenuta lo scorso lunedì 25 marzo a Macerata. Abbiamo chiesto al dott. Zuccatelli di passarci gli appunti che ha utilizzato per il suo intervento e li abbiamo trasformati nel testo che segue. Per ricordare chi è Zuccatelli rimandiamo ad una precedente intervista che gli abbiamo fatto tempo fa.
Il 1978: che anno!
Ognuno dei presenti che abbia più di 50 anni ricorderà sicuramente dove si trovava e che cosa stava facendo il 16 marzo 1978 subito dopo le ore 9 (NdR: quando venne data la notizia del rapimento di Aldo Moro e dell’agguato di via Fani con l’uccisione dei cinque uomini della scorta). Perchè ricordo questo episodio? Perchè il 1978 resterà nella nostra memoria come l’anno di uno degli eventi più tragici che hanno poi profondamente modificato il corso della storia del nostro Paese.
Ma il 1978 è anche l'anno in cui è stata approvata la legge n. 883/1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. Peraltro l' eccezionale spinta riformatrice del tempo, volta al riconoscimento di diritti fondamentali dei cittadini, è confermata pure dall'approvazione, nello stesso anno, delle leggi n.180 del 13 Maggio ( legge Basaglia/Bruno Orsini ) e n.194 del 22 Maggio (Norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza).
Il 1978 dunque è un anno in cui la vita civile del Paese è segnata drammaticamente, ma che vede pure l'approvazione del più potente ammortizzatore sociale del nostro Paese : il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). L'estensione della tutela della salute a tutti i cittadini e non più solo ai lavoratori assume carattere precettivo, e i principi di universalità, unicità, uguaglianza e globalità delle prestazioni ispirano la riforma sanitaria. Prima della sua approvazione 4.000.000 milioni di cittadini italiani non avevano nessuna copertura sanitaria.
La nascita delle Unità Sanitarie Locali
Secondo l'architettura del nuovo Servizio la definizione della politica sanitaria è compito dello Stato attraverso il Piano Sanitario Nazionale, mentre la Regione ha funzioni di programmazione e coordinamento ed ai Comuni spetta la gestione operativa, attraverso le strutture Unità Sanitarie Locali (UUSSLL) prive di personalità giuridica autonoma (anche se poi si sono comportate come se l'avessero), poiché l'organo di governo, ossia il Comitato di Gestione, di emanazione politica, ha la responsabilità della gestione e la titolarità delle funzioni amministrative.
Ma che cosa significava davvero essere struttura operativa dei comuni ? In realtà, secondo il disegno dei riformatori del tempo, le UUSSLL potevano diventare la nuova organizzazione territoriale dei comuni, per cui al posto degli oltre 8.000 comuni si poteva ipotizzare la riduzione a poco meno di 700 comuni.
Formalmente il centro di imputazione giuridica delle attività delle UUSSLL dalla fine del 1980 alla costituzione delle aziende sanitarie ex d.l.vo n.502/1992 sono stati i Comuni, i quali - consentitemi la generalizzazione - paradossalmente acquisiscono consapevolezza di essere responsabili dell'organizzazione sanitaria proprio quando ne perdono la titolarità alla fine del 1992.
La complessità strutturale delle neoistituite UUSSLL e la eccessiva politicizzazione dell'organo di governo, nonché la frammentazione delle responsabilità su specifiche funzioni, a cui è conseguito un aumento dei costi e la necessità periodica di ripiano dei disavanzi, hanno fatto emergere nel tempo la necessità di interventi volti ad una maggiore efficienza del funzionamento del sistema sanitario attraverso l'introduzione di una visione e responsabilità unitaria e sistemica. Nasce dunque l'esigenza di una svolta manageriale già affermatasi nella Pubblica Amministrazione di altri paesi, svolta che trova nell'area della sanità, storicamente area di avanguardia della Pubbliche Amministrazioni, le sue prime applicazioni.
La aziendalizzazione del 1992
Prima del 30 Dicembre 1992 quando si approva il d.lg.vo 502 (prima riforma della riforma), c'è stata, lo voglio ricordare, voglio ricordare la famosa notte tra il 9 e il 10 luglio dello stesso anno, quando il governo Amato fece uscire la lira dal “serpente monetario” di allora con provvedimenti del tipo:
- prelievo forzoso ed improvviso del 6 per mille su tutti i depositi bancari;
- aumento della età pensionabile;
- patrimoniale sulle imprese;
- introduzione dei ticket sanitari;
- tassa sul medico di famiglia di 85 mila lire;
- imposta straordinaria sugli immobili pari al 3 per mille della rendita catastale rivalutata, che perdendo poi il prefisso stra diventerà una gabella permanente, l’ICI.
Si tratta di una manovra che sfiorò i 100.000 miliardi di lire. Poi Amato si dimise e arrivò il governo tecnico a guida Ciampi.
Dapprima i Comitati di Gestione vengono sostituiti dall'organo monocratico Amministratore Straordinario, poi dal 1.7.1994, in seguito all'adozione del d.lg.vo 502/1992, e modificato, per fortuna con il 517 del 1993 ( Ministro Mariapia Garavaglia), prende avvio il processo di aziendalizzazione. Le Regioni Lazio ed Emilia-Romagna sono le prime che ne adottano i provvedimenti attuativi.
La trasformazione delle Unità Sanitarie Locali in aziende con personalità giuridica, la cui gestione complessiva è affidata alla responsabilità del Direttore Generale nella ricerca della migliore efficienza del Servizio sanitario, persegue, fra gli altri, il fine di contenere il disavanzo prodotto negli anni precedenti, in particolare nelle regioni del Sud.
L' avvio del processo di aziendalizzazione è stato complesso e caotico con personali interpretazioni della innovativa privatizzazione da parte dei Direttori Generali spesso rivelatesi sbagliate. Tra tutte voglio ricordare la cosiddetta “COMPETIZIONE”.
La riforma Bindi e la modifica del titolo V della Costituzione
Con il decreto leg.vo n. 229/1999, riforma Bindi, il processo di aziendalizzazione e regionalizzazione della sanità viene portato a termine. Nel ribadire i principi fondanti della legge 833/1978, si definisce che al governo centrale sono assegnate le funzioni di programmazione e controllo, esercitate prioritariamente attraverso il Piano Sanitario Nazionale e la definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza, di vigilanza sull'uniforme erogazione sul territorio nazionale nonché di determinazione del riparto del Fondo Sanitario Nazionale con la condivisione della Conferenza Stato – Regioni.
La responsabilizzazione delle Regioni si rafforza ulteriormente con l'attribuzione dell'organizzazione e dell'erogazione delle prestazioni sanitarie; esse assumono quindi un ruolo sempre più diretto e responsabile anche in relazione al finanziamento e alla valutazione dei risultati dell'attività del Servizio Sanitario Regionale.
Dalla riforma del titolo V della Costituzione la regionalizzazione della sanità riceve ulteriore impulso (legge Costituzionale n.3 del 18 Ottobre 2001): la tutela della salute viene attribuita alla competenza concorrente delle Regioni con ciò “segnando la fine delle grandi riforme organiche della sanità a livello nazionale” come correttamente ha affermato in un suo scritto Francesco Taroni.
Il SSN oggi ed il problema del suo finanziamento
Oggi il SSN è caratterizzato da una sorta di federalismo sanitario con differenze anche assai marcate fra le Regioni per cui, seppure a gradualità diversa a seconda del parallelo, il comparto sanità costituisce la frontiera più avanzata della Pubblica Amministrazione da tutti i punti di vista .
La tensione alla piena realizzazione del principio fondamentale di tutela della salute, sancito dall'art. 32 della Costituzione, ha imposto alle organizzazioni sanitarie costante attenzione e impegno nei rapporti con il cittadino, nel garantire trasparenza all'azione amministrativa, nell'utilizzare sistemi informatizzati più avanzati per il miglioramento della qualità e dell' accesso alle prestazioni, nella realizzazione di un rapporto di empatia con il cittadino, nel fare empowerment di pazienti e cittadini per una sanità più umana, più capace di integrare clinica e vita, più rispettosa delle persone, con rapporti meno asimmetrici e più soddisfacenti.
Il finanziamento del SSN da troppi anni è sottostimato e sottofinanziato. Fino alla prima metà del 1999 il disavanzo era ripianato dallo Stato a piè di lista (aumenti medi dei costi della sanità dell’ordine del 8% l’anno). Dalla seconda metà degli anni novanta si è cercato di programmare il disavanzo con aumenti medi dei costi della sanità compresi in un range del 4-6% annuo, atteso che le esigenze di contenimento della spesa pubblica hanno coinvolto pure l'ambito sanitario.
Con la legge n. 405/2001 le Regioni hanno assunto l'onere di copertura dei disavanzi sanitari. Dal 2005, in cui il disavanzo sfiorava i 10 miliardi di euro, attraverso il commissariamento di alcune Regioni si sono attivate drastiche procedure di riduzione dei costi.
Dal 2006 in poi, attraversando (2008-2014) la più potente crisi economica dopo il 1929, si è giunti ad oggi con un SSN sottofinanziato fino al limite del collasso.
La mia esperienza in alcune regioni del Centro-Sud (ABRUZZO-CAMPANIA-LAZIO-CALABRIA-SICILIA)
Avendo lavorato con diversi ruoli in tutte queste Regioni ho riscontrato:
- grandi qualità in molti professionisti e dirigenti (come altrove);
- mancanza di una managerialità diffusa;
- relazioni istituzionali per nulla orientate alla solidarietà di sistema; anzi, molto spesso ci sono delle vere e proprie contrapposizioni tra apparato regionale e direzioni aziendali al limite della franca ostilità;
- una inadeguata governance regionale che non fornisce risposte in grado di garantire, qualità, quantità e tempestività alle necessità assistenziali.
Il gigantismo delle aziende sanitarie e la spinta al regionalismo differenziato.
Essendo personalmente stato tra i promotori della Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche puo’ apparire strano che io sottoponga a forte critica quella scelta. Sottolineo la diversita’ tra l’acquisizione di piattaforme informatiche, beni e servizi di ogni genere e tipo (funzioni che possono essere centralizzate) e il rapporto con i professionisti – tutti - della sanità (che vanno gestiti “da vicino”).
Nel contesto attuale di estrema difficoltà si innesta la spinta all'autonomia regionale potenziata e differenziata di cui si fanno interpreti le Regioni Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna. In realtà il regionalismo differenziato a legislazione vigente rischia di aumentare le diseguaglianze regionali perché le modalità con cui lo Stato verifica gli adempimenti dei Livelli Essenziali di Assistenza nelle Regioni sono insufficienti e maggiori autonomie rischiano di determinare derive in grado di mettere in crisi i principi di equità e universalismo.
Si sostiene che le richieste di autonomia differenziata regionale rappresentano la risposta a mancate soluzioni su tematiche di grande rilievo ed urgenza per il SSN; tuttavia appare evidente che consentire una autonomia differenziata significherebbe aumentare il divario tra le Regioni del nord e le altre.
Occorre dunque individuare dei meccanismi correttivi, rafforzando gli organi centrali, affinché, ad esempio, i LEA siano garantiti a livello nazionale. Le performance dei vari servizi sanitari regionali dimostrano grandi differenze di equità di accesso alle cure e di appropriatezza di servizi e prestazioni; è necessario allora trasferire i modelli di eccellenza realizzati in alcune Regioni e favorire lo scambio delle buone pratiche e dei saperi.