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Riprendiamo un comunicato del collega Mauro Mariottini sulla collocazione dell'epidemiologia nella rete dei servizi regionali. Il collega, attualmente in pensione,  ha diretto per anni il Servizio di epidemiologia ambientale dell'ARPAM e ha espresso nel comunicato che segue la sua posizione e quella dell'ANAAO. Data la rilevanza del tema abbiamo ritenuto opportuno dargli  diffusione. 

Vorrei esprimere la nostra soddisfazione e il ringraziamento per l’approvazione della Deliberazione legislativa del 16 aprile, n. 128 ed in particolare per la decisione dell’Assemblea Legislativa Regionale, nella sua quasi totalità e all’unanimità,  di respingere la proposta di trasferire le funzioni ed il personale dell’epidemiologia ambientale dall’ARPAM all’ASUR.

Ci permettiamo di ritenere che questa decisione sia anche un apprezzamento da parte dell’intera Assemblea regionale dell’attività che su questa materia l’ARPAM ha svolto in questi ultimi 20 anni e per questo ringraziamo vivamente.

Dobbiamo tuttavia rilevare, pur comprendendo eventuali ragioni politiche ma con inevitabile rammarico, che con l’art. 46 comma 1 lettera i) della deliberazione in oggetto sono state abrogate parti fondamentali dell’art. 5 della legge regionale 2 settembre 1997, n. 60 istitutiva dell’ARPAM.

Purtroppo dobbiamo costatare che i proponenti di dette abrogazioni hanno mostrato di essere totalmente all’oscuro delle finalità che hanno spinto il legislatore regionale ad inserire tali norme nella legge nei primi anni 2000. Infatti le funzioni ora abrogate non erano finalizzate al rafforzamento della legittimità dell’attività epidemiologica in ARPAM che era già sufficientemente prevista fin dal 1997 nella legge regionale n. 60 con la tabella della ripartizione delle competenze nell’allegato 1. 
Il fine di dette norme era la soluzione operativa per il superamento di uno dei principali ostacoli alla fattibilità delle indagini di epidemiologia ambientale.

Vorrei ripercorrere sinteticamente la storia della legge regionale 60/97 per le funzioni in esame.

Nei primi anni 2000 prima l’ARS e poi la Giunta regionale hanno commissionato all’Istituto per la ricerca e lo studio dei tumori di Milano e all’ARPAM uno studio epidemiologico finalizzato ad indagare il rischio di mortalità per leucemia nei residenti in prossimità della raffineria API di Falconara.

La prima cosa da fare era cercare i deceduti per leucemia residenti nei tre comuni e negli anni in studio per registrare la storia residenziale e contattare i familiari. Agli stessi si doveva poi  chiedere il consenso alla partecipazione allo studio e somministrare un questionario per raccogliere la storia personale e occupazionale del deceduto.

La prima difficoltà insormontabile (sia per l’ASUR, che per l’ARS che per l’ARPAM) è stata la necessità, richiesta dall’esistente codice per la protezione dei dati personali e sensibili, di ottenere il preventivo consenso informato di tutti i deceduti residenti nei tre comuni e nel periodo di studio per poter consultare le schede di morte ai fini di ricerca epidemiologica.

Lo studio senza il preventivo consenso del deceduto era impossibile!

Anche a dimostrazione di questo vorrei ricordare che per la realizzazione del registro regionale dei tumori è stato necessario approvare una legge regionale ad hoc con un regolamento che disciplina l’accesso ai dati personali e sensibili.

Per cercare di ovviare al problema insieme agli uffici della Regione si cercò una soluzione proponendo le seguenti soluzioni:

  1. Il codice della privacy prevedeva limitazioni così rigide per la “ricerca epidemiologica” ma era più aperto verso quelle attività ordinarie che richiedevano l’accesso ai dati personali e sensibili se previste da leggi nazionali o regionali (es. addetti ai CUP, addetti alle esenzioni ticket, ecc.). Da qui l’ipotesi di riconoscere la funzione di sorveglianza epidemiologica dell’ARPAM come attività corrente e ordinaria prevista da legge regionale. 
    Da cui la proposta di inserire tra le funzioni dell’art. 5 della L.R. 60/97 il punto seguente ora abrogato:
    m bis) effettuare attività di sorveglianza epidemiologica della popolazione anche collaborando alla realizzazione e all’alimentazione dei flussi informativi mediante l’accesso e il trattamento integrato dei dati geografici, demografici e sanitari;
  2. nel caso di specifici studi epidemiologici che potevano essere considerati non ordinari si è pensato di ricorrere, in analogia con quanto previsto dal codice privacy per la ricerca sanitaria del ministero della salute,  alla preventiva approvazione della Giunta regionale e alla semplice comunicazione al Garante. Tale formulazione ha dato tuttavia luogo a contrasti con l’ufficio del Garante che comunque alla fine non ha contestato formalmente la legge regionale. 
    Da cui la proposta di inserire tra le funzioni dell’art. 5 della L.R. 60/97 il comma seguente ora abrogato: 
    4 bis. Per lo svolgimento delle attività di cui al comma 1 finalizzate all’attuazione di un programma di ricerca in campo epidemiologico approvato dalla Giunta regionale, l’ARPAM può accedere a dati personali e sensibili ed effettuarne il trattamento senza il consenso dell’interessato, previa comunicazione al Garante per la protezione dei dati personali ai sensi dell’articolo 39 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali).


Il legislatore regionale approvò queste aggiunte alla l.r. 60/97 e forti di queste basi normative conducemmo e concludemmo lo studio di Falconara M. ma anche molti altri fino all’ultimo in corso sulla sorveglianza epidemiologica sulla popolazione residente in ex-AERCA.

Senza queste disposizioni risulta, a mio avviso, inutile anche la procedura di anonimizzazione dei dati sanitari, che la Regione doveva comunque aver realizzato fin dal secolo scorso, poiché nella maggior parte degli studi epidemiologici ambientali è necessario conoscere la storia residenziale dei soggetti osservati per calcolare i rischi di patologia associati alle pressioni ambientali locali.

Per quanto sopra, a mio avviso, le abrogazioni di quelle parti dell’art. 5 della l.r. 60/97 produrranno un grave danno alla collettività rendendo ancora più difficile lo sviluppo della conoscenza e della sorveglianza epidemiologica.

La recente approvazione della legge sul “registro nazionale dei tumori e l’istituzione del referto epidemiologico” e quindi il suo recepimento in sede regionale potrebbe rappresentare l’occasione, magari in un’ottica generale di revisione dell’organizzazione dell’epidemiologia nelle Marche, di sanare il vulnus conseguente alle due abrogazioni e di potenziare realmente l’Osservatorio di Epidemiologia Ambientale come da Voi richiesto, anche allora all’unanimità, nella mozione dell’Assemblea Legislativa delle Marche n. 355 del 23 aprile 2018.

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