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La parte tra virgolette del titolo è il titolo di un editoriale dello scorso anno della rivista Ricerca e Pratica, autore  Maurizio Bonati (del Mario Negri di Milano). A sua volta Bonati “ruba” il titolo alla rubrica Views and Reviews del British Medical Journal da cui Bonati riprende le  considerazioni di Margaret McCartney, general practitioner a Glasgow, “ricordiamoci che: l’accesso ai Servizi di salute mentale per l’infanzia è una lotteria, dove l’attesa di anni è la consuetudine; trovare un posto letto libero per un bambino o adolescente presenta difficoltà enormi e immutabili nel tempo; un terzo dei bambini e degli adolescenti inviati al servizio di salute mentale non ha accesso e deve rivolgersi a strutture private. Se si trattasse di cancro ci sarebbe stata una protesta. Ma trattandosi di salute mentale, ci mettiamo un cerotto”.

E in Italia? Riprendiamo un altro pezzo dell’editoriale di Bonati:

In Italia la situazione è peggiore, eppure la reazione non sembra essere diversa. Tra il 2011 e il 2016, la prevalenza delle prestazioni pubbliche per i disturbi neuropsichici dell’infanzia e del- l’adolescenza è aumentata del 40-45%, con una crescita annua media del 7%. Sono aumentate le richieste per disturbi specifici dello sviluppo (quali la dislessia e i disturbi del linguaggio) e le richieste per utenti con disabilità o con disturbi psichiatrici di rilevante gravità e complessità. L’accesso ai Servizi di neuropsichiatria dell’età evolutiva varia tra le Regioni tra il 4% e l’8% della popolazione infantile e adolescenziale, a fronte di un bisogno che è più che doppio. Tuttavia, anche nelle realtà apparentemente più virtuose solo 1 utente su 2 riesce ad accedere ai Servizi, e 1 su 3 riceve gli interventi terapeutici di cui avrebbe necessità. In particolare, il continuo incremento di accessi ai Servizi va spesso a discapito di un’adeguata presa in carico dopo la diagnosi. Le famiglie si trovano così costrette a cercare risposte lontano da casa o nel privato, con carichi emotivi, pratici ed economici rilevanti.

Finisco di saccheggiare Bonati riprendendo le conclusioni del suo intervento:  

In Italia i casi prevalenti vivi dopo una diagnosi di tumore sono circa 3 mi- lioni12. Sono oltre 800.000 i bambini e gli adolescenti con bisogni di cure neu- ropsichiatriche, solo 400.000 accedono ai Servizi di neuropsichiatria dell’età evolutiva, ma solo 150.000 ricevono gli interventi terapeutici prescritti.

Che succederebbe se accadesse lo stesso nei Servizi oncologici?

Leggendo l’editoriale di Bonati e i documenti della Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza (SINPIA) si ricava che la carenza di servizi  dedicati determina i seguenti effetti:

- aumento progressivo della domanda di aiuto al disagio psichico con accessi in emergenza-urgenza ai servizi di Pronto Soccorso (PS);

- difficoltà dei PS che si traducono in una ricerca di dove collocare questi pazienti problematici che nessuno vuole. Allo stesso tempo essi generano disturbo nelle sale di PS e spesso nessuno riesce a contenerne l'aggressività;

- ricoveri impropri nei reparti psichiatrici per adulti  o in pediatria (dove a loro volta  i pediatri non sanno che fare in questi casi).E quindi la risposta più frequente è l'inserimento "momentaneo" nel reparto di Psichiatria per adulti , con gravi rischi per tutti per l'inappropriatezza della risposta terapeutica, se non altro ambientale;

- estrema difficoltà di una presa in carico una volta risolta l'emergenza data la carenza di  servizi dedicati che forniscano risposte appropriate;

- accessi impropri alle UMEE (che sono servizi per l'handicap e non per il disagio psichico), dove a volte manca il neuropsichiatra infantile ed il personale è impreparato e sottodimensionato. Ma se sul territorio non c’è altro …;

- invii impropri (per inesistenza di altre possibili alternative) in comunità residenziali psichiatriche che rischiano di diventare "piccoli manicomi per minori" da cui si esce difficilmente prima dei 18 anni, perché non si sa dove mandare i ragazzi, che poi spesso transitano nelle comunità psichiatriche per adulti.

E nelle Marche? Nelle Marche di questa drammatica situazione non si parla. Il Piano non  ne parla, ma parlando con gli operatori emerge una situazione assimilabile a quella di Glasgow e a quella “media” italiana descritta dalla SINPIA.

Nelle Marche mancano quasi del tutto servizi di neuropsichiatria infantile. Esistono solo le cosiddette UMEE (Unità Multidisciplinare Età Evolutiva), nate per assicurare l'attuazione della legge 104 sull'handicap, particolarmente per quanto riguarda l'integrazione scolastica. Nelle piante organiche delle UMEE è prevista per legge la figura dello specialista in neuropsichiatria infantile. UMEE a parte neuropsichiatri nelle Marche si trovano nelle due realtà ospedaliere del Salesi e di Fano, Marche Nord. In totale una trentina di specialisti. Presenza molto ridotta e concentrata soprattutto nelle UMEE che fanno quasi solo integrazione scolastica dell' handicap. Purtroppo però il problema principale nella patologia neuro-psichica in età evolutiva non è più l'handicap, ma la patologia psichiatrica che negli ultimi 10 anni è aumentata a livello nazionale al ritmo dell'8-10% annuo (dati sempre della SINPIA).

Che fare allora? Ovviamente in primo luogo decidere che il problema c’è ed è grave, gravissimo e che  peggiora in continuazione. E poi investire e fare concorsi, a partire da quelli per neuropsichiatri infantili, ma concorsi veri, per incarichi a tempo indeterminato. Oggi molti dei pochi neuropsichiatri infantili delle Marche sono a tempo determinato, magari lavorano  bene, ma  poi vanno a fare concorsi a tempo indeterminato in altre Regioni.

Si potrebbe iniziare a costruire una rete che con pochi poli adeguatamente strutturati e l'apertura di 4-5 strutture semi-residenziali potrebbe avviare una buona risposta ai problemi della salute mentale in età evolutiva. Questo, tra l'altro, consentirebbe di evitare gran parte della ricaduta psichiatrica in età adulta.

La IV Commissione di tutto questo si ricordi. Lo deve fare.

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