Avevamo già dato notizia su questo blog della iniziativa tenutasi ieri ad Ancona sulla cronicità. Ricordiamo solo che la iniziativa ha rappresentato la prima uscita pubblica di questo think tank (pensatoio, lo diciamo in italiano come ci ha suggerito di fare un partecipante all’incontro di ieri) nato da una idea del collega Gilberto Gentili, che ne è il presidente. Chi scrive è il coordinatore scientifico.
Diciamo subito che è andata bene per diversi ordini di motivi. Adoro gli elenchi e quindi via con i punti che mi sembra vadano sottolineati:
- buonissima partecipazione (la scelta è stata quella di utilizzare il sistema degli inviti per orientare la partecipazione cercando il coinvolgimento di chi a varia titolo lavora sulla cronicità) sia in termini quantitativi che qualitativi con una rappresentanza particolarmente numerosa di operatori dei distretti (medici ed infermieri), di rappresentanti delle Associazioni di tutela e di qualche pensionato;
- tavole rotonde (questa era la formula scelta per favorire esposizioni agili e interattive) con una partecipazione molto qualificata di esperti a vario titolo (un successivo elenco in fondo al post li ricorderà) che hanno fornito spunti di approfondimento su molti dei temi che la gestione della cronicità richiede di affrontare;
- ottima organizzazione (un grazie ad Anna Gabbianelli della Events Congress&Communication, media partner di Chronic-on);
- splendida location al Seeport Hotel.
E adesso qualche messaggio che mi pare ci si possa portare a casa dai lavori di ieri. Se recepire amministrativamente il Piano Nazionale delle Cronicità del 2016 è facile (le Marche lo hanno fatto con la DGR 1355/2017), realizzarlo è molto più complicato. Riorientare i servizi perché la gestione della cronicità diventi davvero centrale, come i dati epidemiologici suggeriscono di fare, occorre che si inneschino processi di cambiamento imponenti. Anche qui un elenco ci può aiutare. I cambiamenti dovrebbero riguardare ad esempio:
- i modelli culturali di riferimento per professionisti, manager, politici e cittadini;
- i modelli organizzativi dei servizi, da orientare verso un lavoro multiprofessionale per processi;
- i modelli di finanziamento, da spostare dalla prestazione al processo;
- i modelli formativi dei vari attori coinvolti;
- i rapporti contrattuali con alcune figure come i medici di medicina generale.
Non è né possibile né utile in questa sede entrare nel merito di uno solo di questi punti. L’iniziativa di ieri ha evidenziato che in Italia ci sono competenze ed esperienze in grado di trasformare progressivamente la cronicità da una serie di principi ad una serie di azioni. E’ importante rendersi conto da subito però che non si può fare una mossa alla volta. Per passare ad una presa in carico territoriale dei pazienti cronici tutti quei cambiamenti debbono partire contemporaneamente.
Il dibattito di ieri ha evidenziato alcuni dei punti critici da affrontare prioritariamente. A me pare che siano emersi in modo particolarmente sentito alcune questioni. Le prime che mi vengono in mente sono due:
- la ridefinizione dei ruoli di alcune figure professionali (particolarmente vivace il confronto sul ruolo degli infermieri e su quello dei medici di medicina generale);
- la esigenza di cominciare a fare qualcosa sul campo (ma qualcosa da qualche parte si sta già facendo e questo deve essere di stimolo).
La nostra situazione marchigiana?
Vediamo la parte piena del bicchiere. Nelle Marche ci sono competenze e volontà, la giornata di ieri lo ha confermato. La progettualità di sistema che la cronicità richiede nelle Marche ancora non parte, ma le precondizioni per farlo (che sono appunto le persone che debbono dare -come si dice – gambe al percorso) ci sono. E -anche questo la giornata di ieri lo ha evidenziato – ci sono potenzialmente tutte le alleanze che servono: cittadini, sindacati e società scientifiche della medicina generale, esperti che a vario titolo lavorano su tutte le dimensioni di cambiamento ricordate all’inizio. Insomma, we can. Anzi: ce la possiamo fare ( grazie a Roberto Amici per lo stimolo alla italianizzazione del nostro slang, anzi no: linguaggio!).
L’ultimo elenco che avevo promesso (o minacciato), è quello dei partecipanti alle Tavole Rotonde. Per semplificarmi la vita riprenderò per ciascuno di loro le diciture del programma:
- Mattia Altini, Direttore sanitario IRST IRCCS, Meldola
- Claudio Cricelli, Presidente SIMG
- Lorenzo Leogrande, Dirigente Amministrativo UOC Tecnologie Sanitarie, Fondazione Policlinico Gemelli, Presidente AIIC;
- Monia Mancini, Segretario Regionale, Cittadinanzattiva Marche
- Andrea Marinozzi, Coordinatore Area Scientifica SIFO Sperimentazione Clinica
- Flavio Paoletti, Presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Trieste
- Franco Pesaresi, Direttore e Coordinatore dell’Azienda Pubblica Servizi alla Persona “Ambito 9” di Jesi
- Joseph Polimeni, Direttore Generale ASL di Matera
- Andrea Silenzi, Centro di Ricerca e Studi sulla Leadership in Medicina, Università cattolica del Sacro Cuore di Roma
- Giovanni Maria Soro, Direttore Generale Provincia Lombardo Veneta Ordine Ospedaliero S. Giovanni di Dio Fatebenefratelli Amministrazione Centrale, Milano
- Angelo Testa, Presidente SNAMI
- Emanuele Vendramini, Professore Ordinario, Facoltà di Economia e Giurisprudenza, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza
Più il sottoscritto e, soprattutto, Gilberto.