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Mi ha colpito un recente comunicato stampa della Regione (Marche) in cui si annuncia la pubblicazione in una importante rivista internazionale (Surgical Oncology) di un lavoro multicentrico coordinato dal dott. Alberto Patriti direttore della Chirurgia Generale dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Marche Nord. Queste le parole del dott. Patriti: “Questo studio è tra i primi al mondo ad investigare l'utilità della chirurgia robotica nel trattamento delle metastasi epatiche da tumore del colon-retto. Si tratta di una patologia che può colpire circa il 30% dei pazienti con tumore al colon-retto e richiede, per il suo trattamento, un'equipe multidisciplinare, che coinvolge chirurghi, oncologi, radioterapisti, gastroenterologi, anatomo-patologi e radiologi, così come da tempo esiste in seno a Marche Nord”. Lo stesso comunicato stampa riporta che la attrezzatura utilizzata (il robot da Vinci, appunto, quello del titolo) ha avuto un costo di circa 3 milioni di euro. Questo è almeno il dato che ricorre nei servizi di stampa che hanno accompagnato il suo acquisto.

Per sgombrare il campo da possibili equivoci: la pubblicazione del lavoro su una rivista scientifica di quel livello è un importante risultato e ancora più importante è la costruzione del team e della rete di collaborazioni professionali che ha portato allo studio ed alla successiva pubblicazione. Risultati così non si ottengono per caso e tutta la mia stima va ai professionisti coinvolti e a chi sostiene il loro lavoro.

L’ho scritto in grassetto così non sfugge a nessuno.

 Il robot da Vinci è disponibile da quasi due anni a Marche Nord e ne dispongono anche una struttura privata (Villa Igea) e anche l’Azienda Ospedali Riuniti di Ancona. Vediamo cosa se ne dice nelle sedi deputate a valutare l’impatto delle nuove tecnologie. Cominciamo dall’AGENAS che per conto del Ministero ha pubblicato un rapporto nel marzo 2017 sulla chirurgia robotica da cui viene estratto il passaggio che segue.

Le prove scientifiche in nostro possesso confermano solo parzialmente i vantaggi ipotizzati, con l’unico beneficio confermato rappresentato dalla riduzione dei tempi operatori. Nonostante la sua popolarità e i potenziali benefici, a fronte degli elevati costi di acquisizione e gestione il robot, rimane una tecnologia parzialmente valutata. Due degli aspetti più importanti, quali la formazione degli operatori e i benefici per il chirurgo ed i suoi assistenti (con presunti benefici indiretti per l’operato) non sono stati mai valutati direttamente nei molti studi identificati. Inoltre i possibili eventi avversi sono mal riportati o addirittura ignorati in letteratura. Alla evoluzione della tecnologia non è inoltre seguita una valutazione rigorosa e comprensiva dei possibili benefici, mentre la letteratura è satura di studi osservazionali che aggiungono solo confondimenti come dimostrato da Tan et al 2016.

Più pesante un commento comparso nel settembre 2017 nella rubrica curata nella rivista Recenti Progressi in Medicina dal Centro Alessandro Liberati – Network Italiano Cochrane con il titolo “Come vendere il robot da Vinci”. Dall’articolo estraggo questi passaggi:

Era “la nuova frontiera” ma da qualche tempo è già “una rivoluzione”: la chirurgia robotica è da un decennio tra le innovazioni più celebrate: ma quando si tratta di vendere si ricorre ai metodi tradizionali. Sugli Annals of surgery è stato pubblicato uno studio che ha selezionato tutti gli articoli pubblicati nel 2015 sulla chirurgia robotica con almeno una firma di un autore statunitense...Lo studio uscito sugli Annals of surgery potrà contribuire a confermare i dubbi di chi ritiene che la chirurgia robotica non aggiunge molto a quella tradizionale, aumentando molto la spesa sanitaria… Come leggevamo su un editoriale sul Lancet nel 2014, “critics have attributed the huge growth of robotic surgery to excitement about a novel technique and aggressive marketing—to both the patient and the surgeon” (traduzione libera: la chirurgia robotica per ora entusiasma perchè nuova e fortemente sostenuta dal mercato). Non si dispone di un numero ampio di studi comparativi affidabili, anche per la ritrosia di diverse unità operative di chirurgia ad accettare la randomizzazione dei pazienti per assegnarli alla chirurgia robotica o a quella tradizionale: “There have been no large randomised trials to compare robotic with open or laparoscopic surgery. Much of the data come from single-centre studies, so it’s difficult to separate out the confounding influences of institutional factors and the skill of an individual surgeon” (traduzione libera: i risultati degli studi non sono chiari perchè raccolti in contesti non sperimentali  con il rischio di essere influenzati dal tipo di operatore e di struttura coinvolti).  Nell’attesa, dobbiamo accontentarci delle dimostrazioni del da Vinci nei musei della scienza , della possibilità di trovare il chirurgo robotico più a portata di mano e di sapere che la ricerca scientifica fa passi da gigante.

Le fonti di queste considerazioni critiche  sono di alto e altissimo livello scientifico ed istituzionale: AGENAS, Annals of Surgery,  Lancet e Centro Alessandro Liberati.

Quindi va benissimo l’investimento tecnologico in un contesto di stimolo alla crescita professionale e alla produzione scientifica, ma anche in un contesto di consapevolezza sui limiti della tecnologia e sull’opportunità di bilanciare gli investimenti tenendo conto delle priorità di sistema.

E qui arriviamo al Piano che certo deve consentire di  esplorare le frontiere della medicina con l'attività di ricerca, ma  ha il compito di inserire le innovazioni in una visione complessiva dei bisogni dei cittadini e di regole per la loro valutazione  di impatto dopo, ma soprattutto prima, la loro introduzione

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