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Abbiamo già dato l’annuncio alcuni giorni fa di una  iniziativa pubblica che si terrà il 25 marzo pomeriggio a Macerata, ma siccome mancano solo due giorni ridiamo tutte le informazioni da capo. Al centro ci saranno la storia e le prospettive del nostro Servizio Sanitario Nazionale, confidenzialmente SSN!

Perché i tre punti esclamativi? Andate avanti e capirete perché.

Titolo della iniziativa:  Le politiche sanitarie in Italia e il SSN a 40 anni dalla riforma del 1978.

Promotore e coordinatoreGianluca Busilacchi, nell’occasione nelle vesti di ricercatore dell’Università di Macerata e di autore della rivista “la Rivista delle Politiche Sociali” (nel frattempo dopo il  nostro primo annuncio Gianluca è assurto agli onori delle cronache nazionali perché un candidato del Movimento 5 Stelle alle regionali della Basilicata di questo week end ha copiato un suo articolo per il suo programma elettorale).

L’occasione che ha fornito lo spunto di partenza per la iniziativa. Il fatto che la Rivista delle Politiche Sociali abbia dedicato il suo numero 2/2018 alle “Leggi 180, 194 e 833: il welfare italiano 40 anni dopo”.

Perché proprio all’Università di Macerata. Perché qui lavora come ricercatore Gianluca Busilacchi e opera  il Dipartimento di Economia e Diritto di questa Università, tanto che l’iniziativa  viene introdotta  dal Rettore Francesco Adornato e dal Direttore del Dipartimento Stefano Perri.

Il contributo di Nerina Dirindin. La presentazione del citato fascicolo della rivista la farà Nerina Dirindin dell’Università di Torino che fa parte del Comitato Scientifico della rivista stessa e che, assieme a Maria Grazia Giannichedda, ha curato e introdotto con una nota il fascicolo sul SSN. La professoressa Dirindin è stata anche Assessore alla Sanità della Regione Sardegna ed è da sempre dentro il dibattito sulla politica sanitaria in Italia.

Altri interventi sulla storia del SSN. Ci sarà un intervento del dott. Giuseppe Zuccatelli in qualità di esperto AGENAS e di grande conoscitore della storia del SSN e della realtà sanitaria e sociale della nostra Regione. Dopo un mio piccolo contributo ci saranno un intervento di Daniela Barbaresi (segretario Generale della CGIL Marche, sindacato che sostiene  in modo importante la rivista) e un intervento di Barbara Malaisi ricercatrice dell’Università di Macerata e Direttrice del Master di II livello della stessa Università in Organizzazione e Gestione in Sanità.

L’intervista ai due ministri Rosy Bindi e Renato Balduzzi da parte di Stefano Cecconi, responsabile delle politiche per la salute della CGIL nazionale, concluderà la iniziativa.

Perché andare il 25 a Macerata? Perché abbiamo bisogno di (re)innamorarci del nostro SSN. E qui gli stimoli in questa direzione certo non mancheranno.

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    Roberto Calisti · 28/03/2019
    Sia il tempo contingentato (un singolo "pomeriggio breve"), sia il numero e la ricchezza dei contributi in programma facevano sì che, a priori, in questo incontro non si potesse discutere approfonditamente di tutto ciò ne avrebbe avuto il merito. Il livello dei relatori ha reso disponibile una visione "a volo d'aquila" di altissimo livello, leggibili e utile per i professionisti come per gli studenti e gli esponenti del mondo del lavoro in Funzione Pubblica presenti in aula. Sono state "toccate" con autorevolezza tutte e quattro le aree di azione della Sanità Pubblica (ospedale, territorio, integrazione socio-sanitaria, prevenzione), delle quattro la prevenzione è rimasta un po' sullo sfondo: potrebbe essere utile riparlarne in un'ulteriore iniziativa ad hoc.

    Pochi spunti al volo.

    Della Legge di Riforma sanitaria 833/78, quasi solo gli strettamente addetti ai lavori ne ricordano oggi gli articoli 19, 20 e 21ove si parlava di strategie di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori, di collegamento tra queste e tutto ciò che atteneva alla qualità degli ambienti di vita, di partecipazione dei lavoratori, dei cittadini e delle amministrazioni pubbliche locali alle scelte e alle azioni di prevenzione. In quei tre articoli era contenuta anche l'indicazione di un ruolo non solo forte, ma trainante della parte pubblica (una gamba attualmente molto debole del tavolo della cosiddetta "trilateralità").

    Nel purtroppo breve periodo di lavoro del prof. Balduzzi come Ministro della Salute, egli si impegnò, tra le tante cose, in due azioni che si configurarono come un portato applicativo diretto della 833/78 e sulle quali sarebbe utile riflettere a distanza di tempo:

    a) il progetto con cui lo Stato si impegnava a contrastare, tramite strumenti normativi anche di natura economica, l'eccesso di consumi di bevande zuccherate e gassate (la strategia di contrasto al progetto da parte delle grandi aziende del settore si fondò sull'affermazione che quel genere di intervento pubblico avrebbe in realtà solo favorito aranciate, "cole" e simili di bassa qualità merceologica e nutrizionale, ottenendo un risultato paradosso di peggioramento dei profili di consumo dei poveri ...);

    b) la Conferenza Governativa sull'Amianto di Venezia durante la quale, su di una base concretamente molto partecipativa, si ponevano le basi per un'azione pubblica di ampio respiro su questo tema (dopo di che, di quanto emergeva da Venezia la politica susseguente ha voluto dimenticarsi ... con il risultato che tra 2016 e 2019 si riprende a discutere di amianto come se si fosse ancora a un "punto zero", in molti casi con meno competenza tecnica di prima, con una strisciante scotomizzazione del portato distorsivo di molteplici conflitti di interesse, ancora cercando soluzioni taumaturgiche in una mera riscrittura delle regole anziché in una loro reale e intelligente applicazione).
    Un'osservazione ancora: dai primi anni '90 del secolo scorso, la normazione prevenzionistica italiana deve fare i conti con direttive e regolamenti comunitari (si pensi ad esempio, in tema di rischi chimici, a cose come le norme di prodotto REACH e CLP e le norme sociali dedicate alla tutela dei lavoratori) e con essi si deve integrare: tutto questo necessita, prima di ogni altra cosa, di un investimento culturale che nel nostro Paese purtroppo manca. E, di nuovo, una volta che lo Stato abbia ben disegnato una norma, bisogna metterla in pratica.

    Penso che di prevenzione si debba occuparsi a fondo, non soltanto perché aumenterebbe la sostenibilità istituzionale del sistema (molto ragionevole e molto probabile, anche se un po' difficile da dimostrare con evidenze), ma primariamente perché ridurrebbe il carico di infortunio, malattia, disabilità che grava su persone, famiglie, comunità locali, magari già provate da una lunghissima e profonda crisi economica e sociale.

    Confido che ci sia modo di riprendere in tempi9 brevi la riflessione su "i 40 anni dalla 833", possibilmente integrata con quella su "i 10 anni dal Dlgs 81/08 (quello su sicurezza e salute dei lavoratori).
    • Questo commento non è stato pubblicato.
      Claudio Maria Maffei · 02/04/2019
      Caro Roberto, hai proprio ragione. Per noi laureati e professionalmente/culturalmente cresciuti a cresciuti ai tempi di Medicina Democratica e dei primi anni della 833 la prevenzione era centrale nel dibattito e nello sviluppo dei servizi. Almeno in alcune Regioni. Ricordo quasi esodi di massa per andare a lavorare nei servizi di prevenzione di Emilia-Romagna ed Umbria, ad esempio. Oggi la prevenzione sembra avere perso di appeal e mi sembra ottima l'idea di "festeggiare" seppure con un lieve ritardo il Dgls 81/08.
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