×

Messaggio

EU e-Privacy Directive

Questo sito utilizza cookies tecnici e sono inviati cookies di terze parti per gestire i login, la navigazione e altre funzioni. Cliccando 'Accetto' permetti l'uso dei cookie, cliccando 'Rifiuto' nessun cookies verrà installato, ma le funzionalità del sito saranno ridotte. Nell'informativa estesa puoi trovare ulteriori informazioni riguardo l'uso dei cookies di terze parti e la loro disabilitazione. Continuando nella navigazione accetti l'uso dei cookies.

Visualizza la ns. Informativa Estesa.

Visualizza la normativa europea sulla Privacy.

View GDPR Documents

Hai rifiutato i cookies. Questa decisione è reversibile.
Scrivi un commento
Print Friendly, PDF & Email

Premessa: gli interventi di ridimensionamento degli ospedali comunque motivati non piacciono e  non piaceranno  mai a tutti 

L’argomento è di quelli difficili e da trattare con rispetto. Una cosa è certa: sempre e comunque non solo la chiusura di un ospedale, ma anche solo il suo parziale e selettivo ridimensionamento (come la chiusura di un punto nascita o la trasformazione di una cardiologia per acuti in una cardiologia riabilitativa) non saranno mai accettati in modo indolore. Ma questo non vale solo per le Marche (su cui concentreremo la nostra attenzione, ovviamente), ma per qualunque altra Regione. Prima di scrivere questo post ho fatto un giro in rete è ho trovato esempi al sud (chiusura dell’ospedale di Locri in Calabria, nella vicina Emilia-Romagna (ospedale di Comacchio), nel nord- est (ospedale di Gemona), nel nord-ovest (ospedali di Sanremo ed Imperia) e nelle isole (come la Sardegna dove c’è un acceso dibattito in corso per la chiusura dei tanti piccoli ospedali).

Anche le Marche hanno affrontato e stanno affrontando una lunga serie di questioni “delicate” al riguardo, come la  chiusura del Punto Nascita di Fabriano, la trasformazione in cardiologia riabilitativa di  alcune cardiologie per acuti (come quella di San Benedetto del Tronto) e la chiusura  o ridimensionamento di alcuni ospedali delle aree interne (come quello di Pergola o di Cingoli).

Un capitolo a parte riguarda la creazione degli ospedali unici di Area Vasta con l’accorpamento  di quelli preesistenti. E’ questo, in particolare, il caso dei due ospedali “nuovi” dell’Area Vasta 3 (che assorbirebbe i due ospedali di Macerata e di Civitanova Marche) e dell’Area Vasta 5 (che assorbirebbe i due ospedali di San Benedetto del Tronto e di Ascoli Piceno). Questi due nuovi ospedali sono stati previsti anche nel nuovo Piano Socio-sanitario Regionale, che ne parla a fine pagina 50. Entrambi questi due nuovi ospedali (sia quello dell’Area Vasta 5 che quello dell’Area Vasta 3) generano nei cittadini, nei professionisti e nei politici quantomeno delle perplessità e delle diffidenze su cui vorrei fare qualche riflessione già oggetto peraltro di un precedente post.

Perché ovunque si spinge per l’accorpamento degli ospedali

Vi sono alcune linee di tendenza nella evoluzione delle reti ospedaliere che portano “fatalmente” alla riduzione nel numero degli ospedali o quantomeno in quello degli ospedali per acuti. Maggiore è la frammentazione della rete ospedaliera (questo è il caso delle Marche) più forte sarà la spinta agli accorpamenti. Le motivazioni di ordine normativo si ritrovano per lo più nel DM 70 del 2015, mentre quelle di tipo  tecnico fanno riferimento ad alcune considerazioni:

  1. negli ospedali per acuti occorre garantire per molte attività volumi elevati di prestazioni per rendere la “produzione” più efficiente sul piano organizzativo e più efficace in termini di risultati clinici (con la concentrazione delle attività le equipe si specializzano e sviluppano competenze che aumentano la sicurezza delle cure);
  2. gli ospedali per acuti richiedono una organizzazione sulle 24 ore che assorbe molte risorse e quindi un unico ospedale al posto di due (ad esempio) riduce questo tipo di costi;
  3. molti ospedali sono strutturalmente vecchi e vanno comunque “rifatti”;
  4. con una concentrazione delle attività si rende più efficiente l’attività ad alto consumo di tecnologia (come le sale operatorie, tanto per fare un esempio);
  5. con dimensioni maggiori un ospedale aumenta il numero di competenze specialistiche che riesce ad acquisire qualificando dunque i propri processi assistenziali.

Il DM 70 per forzare le Regioni ad adottare politiche per la razionalizzazione della rete ospedaliera introducono vincoli di diversa natura: un numero massimo di posti letto ogni 1000 abitanti (3 posti letto per acuti ogni mille abitanti  e 0,7 posti letto di post-acuzie ogni 100 abitanti), bacini di utenza predefiniti per le diverse discipline, la definizione di tre tipologie di ospedali pubblici (di base, di primo livello e di secondo livello), la definizione di un numero di posti letto minimi per le strutture private (almeno 60 posti letto per acuti o alternativamente aggregazioni di più strutture - preferibilmente nella stessa sede- con almeno 80 posti letto per acuti), la definizione di volumi minimi di attività per una serie di condizioni/interventi. Usando questi criteri le regioni debbono programmare la propria rete ospedaliera e farla approvare da una apposita Commissione Ministeriale.

In sintesi: va capito e accettato che  l’accorpamento degli ospedali non è necessariamente un atto di prepotenza, ma può essere una atto di razionalità organizzativa. Solo che deve essere motivato e condiviso.

Perché gli accorpamenti degli ospedali generano sempre resistenze

I motivi alla base di questo tendenziale rifiuto delle comunità all’accorpamento  di più ospedali sono tanti. In generale va detto che è diffusa (e sbagliata) la convinzione che l’assistenza vera la dia solo l’ospedale ed in particolare l’Ospedale con Pronto Soccorso. E quindi un ospedale “vicino” rassicura e difficilmente ci si rinuncia a favore di un ospedale magari migliore, ma più “lontano”. In realtà è sempre più diffusa la convinzione che la  miglior tutela della salute della popolazione la si garantisce oggi, visto il prevalere dei problemi della  cronicità,  con i servizi territoriali e non con quelli ospedalieri (comunque non solo con quelli ospedalieri). E, aggiungiamo, con la prevenzione.

I singoli progetti di accorpamento di solito sono discussi e, a volte,  fortemente contrastati per una varia combinazione dei seguenti motivi: 

  1. incertezza sul contenuto e sui tempi del progetto;
  2. paura che “nel frattempo” si disinvesta dagli ospedali esistenti con un drastico abbassamento della qualità dell’assistenza e che, sempre nel frattempo, si diano maggiori risorse all’ "altro” ospedale, specie quando è di maggiori dimensioni e magari corrisponde al capoluogo di provincia;
  3. sfiducia nelle istituzioni e convinzione che il nuovo ospedale non si farà mai o, come si dice con espressione brutale ed efficace, si farà a “babbo morto”;
  4. timore che in vista di un futuro migliore si peggiori un presente che funzionava;
  5. naturale resistenza al cambiamento;
  6. interessi personali di chi lavora (o fornisce servizi) negli attuali ospedali;
  7. timore di una ulteriore “spersonalizzazione” dell’assistenza;
  8. timore che la struttura “finirà in mano ai privati”;
  9. interessi politici.

Come se ne esce? Ad esempio provando a fare chiarezza partendo dalla risposta ad  alcune domande “chiave”

Abbiamo visto dunque che un ospedale viene vissuto da ogni comunità come un proprio patrimonio e quindi parlare di ospedali che confluiscono o di ospedali che si riducono o si trasformano o - addirittura - scompaiono richiede di avere idee abbastanza chiare sin dall’inizio per evitare resistenze e contrasti o, come minimo, enormi perdite di tempo.

Incontrare dei Sindaci, dei cittadini e delle forze sociali per parlare  di nuovi ospedali al posto di vecchi è una forte assunzione di responsabilità da parte della politica che formula e sostiene la proposta. E quindi la risposta ad alcune domande è meglio avercela già sin dal primo  momento o comunque fornirla prima possibile.  L’allegato 1 riporta queste domande organizzandole per gruppi.

Un documento con tutte (o quasi) le risposte alle domande dell’Allegato può essere una base di confronto su cui testare la serietà sia della proposta che dell’eventuale contestazione della stessa.

Per concludere

Concluderei ricordando prima alcune cose da non fare. Dalla parte di chi propone e quindi della Regione suggerisco di evitare di:

  1. cavarsela con qualche diapositiva senza dati, analisi e documenti;
  2. trasferire tutto il dibattito sul dove fare l’ospedale senza affrontare il perché, come e quando;
  3. fare una programmazione “spezzatino” della rete ospedaliera in cui non si capisce il quadro d’assieme che invece le comunità locali giustamente vogliono riconoscere;
  4. rassicurare le comunità in cui l’ospedale viene chiuso promettendo di fatto di mantenere l’ospedale (come è stato fatto a Fano), che è cosa evidentemente impossibile.

Dalla parte di chi contesta suggerirei di evitare di :

  1. fare di fatto una opposizione tutta “di campanile” e quindi di non entrare nel merito;
  2. giocare al rialzo chiedendo la Aziendalizzazione del nuovo ospedale (nelle Marche non c’è spazio e, soprattutto, non c’è vantaggio nel farla).

Il tema della possibile aziendalizzazione della nuova struttura di per  sé richiede un ulteriore approfondimento. Mi limito a rimandare ad un precedente post che affronta specificamente questo tema.

Infine ricordo a tutti noi che potrebbe valere la pena di studiare gli accorpamenti (di successo o meno) che ci sono stati. Ad esempio, alcuni anni fa ho visitato il nuovo ospedale dell’Alto Vicentino che inglobava i due vecchi ospedali di Schio e di Thiene. La volevo segnalare come storia di successo, ma poi ho visto in rete che le polemiche sull’accorpamento continuavano a distanza di oltre cinque anni dalla inaugurazione della nuova struttura, avvenuta nel 2012.

ALLEGATO 1

Le domande in attesa di risposta quando si accorpano due o più ospedali

Cominciamo dalle domande sulle motivazioni e sulla sostenibilità del progetto: 

  1. quali sono gli specifici motivi che hanno fatto ritenere opportuno il progetto?
  2. quali dati sono stati utilizzati per definire queste motivazioni (se disponibili vanno messi a disposizione, come dice la parola stessa)?
  3. qual è il costo complessivo del progetto e qual è la sua modalità di finanziamento?
  4. il finanziamento copre anche le tecnologie oltre che gli impianti e la struttura?
  5. quali sono i tempi previsti per la sua realizzazione?

E adesso le domande sul nuovo ospedale:

  1. quanti sono i posti letto previsti complessivamente distinti per intensità assistenziale?
  2. per quali discipline è prevista una attività di ricovero ordinario?
  3. quante sono le sale operatorie previste?
  4. che organizzazione si intende complessivamente dare al Dipartimento di Emergenza?
  5. che spazio verrà dato alle attività di post-acuzie?
  6. quanto personale e di che tipo si stima sia necessario per l’attività a regime del nuovo ospedale?
  7. sono previste tutte le discipline preesistenti nei due ospedali?
  8. sono previste altre discipline rispetto a quelle già esistenti?
  9. per quali attività si ritiene che il nuovo ospedale debba garantire un incremento rispetto a quelle attualmente svolte?
  10. quali attività di tipo ambulatoriale complesso verranno mantenute e con quali livelli di operatività (radioterapia, emodialisi, radiologia interventistica, attività endoscopica, ecc)?

Alcune  domande sugli ospedali che verranno accorpati:

  1. che attività ospedaliere rimarranno nei due presidi?
  2. se rimarranno delle attività ospedaliere saranno compatibili con gli atti programmatori sul numero dei posti letto?
  3. che attività di tipo intermedio o residenziale saranno previste?
  4. le attività di cui ai due precedenti punti sono previste negli atti programmatori della Regione?
  5. quali attività ambulatoriali verranno mantenute e con quali livelli di operatività?
  6. rimarranno spazi inutilizzati nei due “vecchi” presidi e con questi eventuali spazi cosa si farà?

Per concludere qualche  domanda sul periodo “di transizione”:

  1. sono previsti interventi di adeguamento delle due strutture sia in termini di personale che di spazi, impianti e tecnologie in attesa del trasferimento?
  2. quali forme di integrazione tra i due ospedali che confluiranno sono state attivate e quali altre verranno progressivamente attivate?
Devi fare login per poter postare un commento
Leggi il commneto... The comment will be refreshed after 00:00.

il primo commento

Joomla SEF URLs by Artio