Nonostante tutto i marchigiani stanno prendendo molto sul serio il Piano Socio-sanitario. Nonostante i limiti tecnici, le incoerenze, le forzature della attuale versione. Ma fanno bene (i marchigiani) a discutere perché forse (sempre nonostante tutto) quella della discussione del Piano può essere una buona occasione per ragionare sul Servizio Sanitario Regionale. E allora forse conviene sfogliare il primo Piano socio-sanitario, quello che copriva il triennio che andava dall’ottobre 1982 al settembre 1985.
Questo primo Piano abbiamo già avuto modo di ricordarlo in questo blog. Abbiamo in particolare ricordato e ringraziato Nino Montemurro, il dirigente regionale che coordinò i lavori del Piano e che ci ha messo a disposizione la sua copia personale, quella che vi invitiamo a sfogliare. Se andate a pagina 3031 trovate scritti a mano due verbi: partecipare e consultare. Ancora non avevano inventato gli stakeholder, ma la partecipazione era una delle parole d’ordine di quegli anni (le altre completavano le tre P: prevenzione e programmazione).
I redattori di quel Piano apprezzavano i dati e li usavano anche per la programmazione del personale (dirigente e delle professioni, come si direbbe oggi). A pagina 3058 iniziano 24 schede (una per ogni USL) con il fabbisogno stimato di visite specialistiche per ciascuna disciplina, con l’ultima riga di ogni tabella dedicata alla neuropsichiatria infantile (NPI), quella disciplina che nella attuale versione del Piano non è nemmeno nominata. Per ogni USL c’era per ogni disciplina (NPI inclusa) la USL di riferimento nel caso non fosse ritenuta opportuna la presenza di specialisti “propri”. La NPI aveva sedi nelle USL 3 (Fano), 4, 10, 12 (Ancona), 15, 16, 21 e 24. Insomma c’era già un modello a rete. A pagina 3085 del vecchio Piano trovate che a livello poliambulatoriale il fabbisogno stimato di neuropsichiatri infantili era pari a 18 medici specialisti pari a 25.012 ore/anno.
La neuropsichiatria infantile ce la ritroviamo poi a pagina 3160 tra i cosiddetti servizi di diagnosi e cura dell’ospedale. Lì si dice che la disciplina opera prevalentemente a livello territoriale, ma che mantiene uno stretto collegamento con i reparti di pediatria dove deve trovare posti letto d’appoggio. Si indica comunque la opportunità di disporre di posti letto autonomi.
Fate la prova: sfogliate quel Piano fatto ai tempi in cui non solo non c’erano gli stakeholder, ma non c’erano nemmeno le SDO, i PDTA, le reti cliniche, l’empowerment, l’HTA, i PUA e molto altro ancora. Ci trovate però dati, scelte, progetti, cultura e passione. E questo ci vogliamo trovare ancora.