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A un certo punto del documento che circola come il nuovo Piano si dice che:

La Regione, con la revisione dei Manuali di Autorizzazione ed Accreditamento vuole contestualmente promuovere un processo di miglioramento continuo delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie attraverso la valutazione dell’efficienza delle organizzazioni, dell’uso delle risorse e della formazione degli operatori.

Purtroppo il Piano (ormai ogni volta che scrivo questa parola sbuffo da solo) è scritto in un linguaggio a metà tra il glossario standard della “moderna” sanità (miglioramento continuo, efficienza, formazione, uso delle risorse) e il linguaggio della burocrazia sanitaria (Manuale di autorizzazione e accreditamento). Traduciamo questa frase in un linguaggio comune a tutti: la qualità dei servizi erogati  la Regione intende migliorarla anche introducendo regole più avanzate da rispettare da parte di chi opera nell’area dei servizi sanitari e socio-sanitari. Con le regole di autorizzazione si avranno strutture con spazi, personale ed organizzazione più adatti ai bisogni dei cittadini e con l’accreditamento si farà in modo che il funzionamento delle strutture avvenga in modo da sottoporre a continua verifica e miglioramento natura e risultati dell’attività svolta. OTTIMO!

Al momento le regole dell’autorizzazione e dell’accreditamento sono vecchie di quasi 20 anni ed è in itinere la loro modifica che passa da una DGR settore per settore preparata dagli uffici tecnici della Regione, DGR che poi viene inviata alla Commissione Consiliare competente. Quale sia l’iter successivo onestamente non lo so, ma qui è importante la fase tecnica in cui si dice cosa la Regione Marche intende per buona qualità dei servizi, servizi che -nel caso dell’appello- che  segue  riguardano le strutture territoriali (diurne e residenziali) che si occupano delle varie fragilità: disabilità, anziani, ecc.

Bene adesso leggiamo l’appello del Gruppo Solidarietà, gruppo che da tanti anni è un riferimento di qualità (stavolta vera) per chi si occupa di politica sanitaria e sociale nelle Marche.

L’appello

             Nei giorni scorsi la giunta regionale (Dgr 1718 del 17.12.2018) ha inviato alla Commissione Consiliare competente, per il parere, una nuova proposta (abrogando la precedente del maggio 2018) di definizione dei requisiti di funzionamento delle strutture diurne e residenziali sanitarie e sociosanitarie riguardanti le aree disabilità, salute mentale, dipendenze, minori. Viene stralciata la parte riguardante anziani non autosufficienti e persone con demenza e tutti i servizi sociali di esclusiva competenza comunale.

L’aspetto più grave e preoccupante riguarda la disposizione che tutte le strutture attive o in via di realizzazione, ovvero il totale dell’offerta, potranno mantenere fondamentali requisiti strutturali secondo le disposizioni della precedente normativa. Il punto è che alcuni di questi aspetti non erano normati precedentemente. E dunque non devono rispettare alcun requisito.

Ad esempio si permette il mantenimento di camere a 4 letti per oltre il 65% dell’offerta (circa 600 persone) residenziale rivolta alle persone con disabilità; per la totalità dell’offerta nell’area della salute mentale (circa 650 posti), per il 50% dei posti di residenza sanitaria assistenziale per anziani. Sul tema del numero di utenti per struttura l’offerta già attiva non avrà limiti alla possibilità che all’interno dello stesso edificio possano essere ospitate centinaia di persone.

La scelta regionale è quella di promuovere e sviluppare strutture di grandi dimensioni, invece di incoraggiare la creazione di piccole comunità inserite nei normali contesti di vita delle persone. Una scelta che privilegia grandi contenitori per grandi gestori (con imponenti capacità economiche) a danno di piccole esperienze sviluppate nei territori. Se la delibera verrà approvata senza modifiche, essa segna la fine delle esperienze delle piccole comunità nell’area disabilità e salute mentale. Un ritorno al passato.

Ma la proposta si caratterizza anche per altri aspetti negativi a partire dalle modalità di valutazione e accesso ai servizi, rimandando - ancora una volta - per la definizione dell’appropriatezza degli interventi l’adozione di idonei strumenti di valutazione, così come dimentica di inserire aspetti essenziali nel funzionamento dei servizi (ad esempio tempi di apertura annua di alcuni servizi diurni)

Il Gruppo Solidarietà ha elaborato un primo documento di analisi della delibera  TORNARE INDIETRO. La nuova proposta della regione Marche sui requisiti dei servizi nel quale analizza le indicazioni di carattere generale e specifiche per singolo servizio.

Nei mese scorsi il Gruppo Solidarietà aveva promosso un documento appello - cui hanno aderito numerose organizzazioni e oltre 380 persone, tra le quali, molti operatori, familiari, volontari - nel quale si chiedeva che venissero salvaguardati, sostenuti, potenziati i servizi di piccole dimensioni inseriti nei normali contesti abitativi. Servizi centrati sulle persone e sulle loro esigenze. Luoghi di vita, condizione per essere anche luoghi “di cura”. Servizi che promuovano inclusione e quindi de-istituzionalizzazione.

La proposta della giunta regionale è  quanto di più lontano dai contenuti dell’Appello.

Commento finale

Una espressione di gran moda che non mi piace granchè è “ma di cosa stiamo parlando?”. Ecco, questa è la frase che la lettura di quello che dovrebbe essere il nuovo Piano mi fa venire spesso in mente. L’appello del Gruppo Solidarietà spiega benissimo il motivo di questa mia reazione quasi automatica.

 

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