Al latte o fondente non ci interessava, ma il regalo sì! Il regalo era (in teoria ci sarebbe ancora qualche ora di tempo…) qualche concreto segnale di un diverso atteggiamento della Regione (Marche), sia come livello istituzionale, che come livello politico e tecnico, verso le istanze di confronto che da più parti (www.marchesanita.it compreso) vengono ormai da tempo. Proprio nell’anno in cui il Servizio Sanitario Nazionale compie 40 anni.
La nostra ipotesi di servizio (perché così lo viviamo, come un servizio) è che la complessità del sistema socio-sanitario richieda di ragionare sui dati sulla base di criteri condivisi di analisi per formulare poi proposte di intervento tra cui scegliere e, dopo, su cui misurare. Questo per la assistenza distrettuale , su quella ospedaliera, sulla prevenzione e sui tanti sottoinsiemi di quelli che chiamiamo LEA.
Invece, tutto il confronto (se lo possiamo chiamare tale) negli ultimi tempi si sta riducendo ad una serie di comunicati stampa “accesi” da un tema, quello della Proposta di Legge 145/2017 sulle sperimentazioni gestionali, che ha assunto un valore simbolico molto alto, non tanto per il tema in sé (pure importante) del rapporto coi privati, ma per la ennesima dimostrazione di disattenzione o meglio indisponibilità della Regione al confronto e prima ancora alla condivisione di dati e analisi.
Quindi dentro l’uovo di Pasqua non c’è quello che aspettavamo. Anche l’annuncio del Piano e dei tempi previsti per il suo avvio facevano pensare ad una possibile correzione di rotta. Dietro-front no, ma qualche segnale non formale di attenzione a sindacati ed associazioni di tutela, ad esempio, sì. Tipo qualche documento di lancio del nuovo Piano in cui si identificano le principali criticità e si forniscono elementi di riflessione comune.
Invece qualcosa abbiamo trovato nei comunicati stampa. Sul ruolo dei privati ed il loro peso nella sanità marchigiana torneremo con tutta calma. Non vogliamo fare analisi frettolose, ma entrare nel merito di quella che è comunque una grande opportunità di sistema (oltre a comportare i rischi che in tanti hanno segnalato).
Qui vorremmo, ancora una volta e benevolmente, commentare una espressione che abbiamo trovato in una intervista comparsa questi giorni nella stampa quotidiana “questa amministrazione (quella regionale) lavora a testa bassa”. Ecco appunto: troppo a testa bassa.
E qui viene bene una specie di favoletta (che ho consumato per quante volte l’ho tirata fuori Remo spesso me lo riprovera), ma è davvero troppo efficace nel descrivere certi stili di lavoro. Eccola nella ennesima versione.
C’era (cominciano tutte così le favolette) un taglialegna che con la sua sega tagliava il bosco. Dopo diversi giorni di duro lavoro la media giornaliera degli alberi tagliati diminuiva sempre di più. Ma il taglialegna era pieno di forza e di coraggio ed invece di scoraggiarsi trovava dentro di sé sempre maggiori energie.
Passò da quelle parti un viandante giramondo (magari anche lui in pensione …) e vedendo quel pover uomo accanirsi contro la pianta con tanta buona volontà senza peraltro sortire effetti gli domandò “Come mai quell’albero non si taglia?”.
“Credo dipenda dalla sega” rispose il taglailegna.
“E perché non l’affila?” chiese il viandante.
“Ma si rende conto di quanto tempo dovrei perdere se lo facessi?”. Borbottò seccato quello.
Forse alzare un po’ la testa, dare spazio alle analisi ed al confronto potrebbe affilare gli strumenti della Regione. Questo pensavamo e questo pensiamo.