Nell’ambito dei servizi sanitari e socio-sanitari, la trasparenza è molto di più di un mero adempimento normativo: è sinonimo di cura o meglio è strumento privilegiato per la cura dei bisogni di salute delle persone e per la salvaguardia, al contempo, del servizio sanitario nazionale.
Eppure, molte volte, gli Enti del servizio sanitario, affrontando il tema della trasparenza, si limitano, previa panoramica del dato normativo vigente, a rappresentare quanto della legge sia stato attuato e quanto i medesimi Enti siano stati performanti, sempre ai sensi delle normative vigenti.
Ma, come detto, in un sistema complesso quale è quello della sanità e dei servizi socio-sanitari, la trasparenza è molto di più di un mero adempimento normativo: è anzitutto parte integrante del percorso di cura e ancor prima premessa sostanziale della tutela della salute, quella di cui all’art. 32 della Costituzione.
E perché ciò? Perché la trasparenza è comunicazione: non solo informazione, ma comunicazione e partecipazione.
Del resto, è alla evidenza di tutti che se c’è comunicazione, se si prova cioè a mettersi in relazione con l’interlocutore (in tal caso paziente e/o familiare), secondo le modalità dell’ascolto attivo e del coinvolgimento partecipativo, si agisce sicuramente in trasparenza, vale a dire in maniera chiara e corretta.
Si pensi al consenso informato e a quanto lo stesso, se e laddove reso quale e come consenso partecipato (tra operatore sanitario e paziente/familiare) possa diventare un formidabile strumento di co-costruzione del percorso di cura e quindi di ricostituzione di quella fiducia, che dovrebbe connotare il rapporto tra medico e paziente, e che invece da molto tempo (troppo) è in crisi.
Si pensi poi all’ultima riforma in sanità, quella della Legge Gelli-Bianco, che ha espressamente sancito l’obbligo di trasparenza delle prestazioni sanitarie per tutte le strutture, sia pubbliche che private e che ha al contempo introdotto l’obbligo di consegnare la documentazione sanitaria, preferibilmente in formato digitale, ma soprattutto entro 7 giorni dalla richiesta (max 30 giorni ma solo per esigenze di integrazione).
E ancora: la medicina narrativa dove la cura trova i suoi fondamenti proprio nella relazione, nella comunicazione e nell’ascolto attivo.
Quindi se l’operatore sanitario comunica (e non solo informa) se si mette in relazione con il suo interlocutore (paziente o familiare, che sia) attraverso gli strumenti dell’ascolto attivo e del coinvolgimento, sicuramente la prestazione sanitaria, resa in trasparenza, diventa, è, parte essenziale ed integrante della cura e della tutela della salute.
Ma la trasparenza e quindi la comunicazione è anche strumento privilegiato per la salvaguardia del nostro servizio sanitario, per la sua sostenibilità.
Ormai è fatto notorio che la quasi totalità degli errori commessi in sanità sono riconducibili a difetti della organizzazione e ancora meglio ad una carenza o difetto di comunicazione tra i medesimi operatori.
Al contempo dovrebbe essere altrettanto noto che l’errore non è qualcosa di cui vergognarsi ma un evento, benché talvolta doloroso, da cui apprendere e che va pertanto affrontato dagli operatori e dalle strutture in maniera trasparente nell’ambito delle attività di gestione del rischio sanitario e con tutti gli strumenti di cui il risk management dispone, governati sempre dal principio “perché non accada ad altri” siano essi pazienti ed operatori.
Del resto è proprio in questa ottica di massima trasparenza che la Legge 24 di marzo 2017 ha sancito per tutte le aziende sanitarie sia pubbliche che private l’obbligo di pubblicazione sui rispettivi siti dei dati relativi ai risarcimenti erogati negli ultimi 5 anni e verificati nell’ambito dell’esercizio della funzione di gestione del rischio sanitario, così come quello di pubblicare una relazione annuale circa gli eventi avversi verificatisi e le conseguenti misure adottate.
Insomma, se l’agire da parte dell’operatore è fondato sulla relazione e sull’ascolto attivo e quindi sulla comunicazione, sia con i cosiddetti terzi (siano essi pazienti o familiari) sia con gli altri operatori, vi è trasparenza e quindi cura del paziente ma anche cura del proprio lavoro, del proprio posto di lavoro ovvero del servizio sanitario.
Del pari, una corretta comunicazione e la partecipazione ovvero il coinvolgimento effettivo di tutti gli stakeholders sono il miglior argine contro la corruzione: trasparenza ovvero comunicazione e partecipazione le migliori sentinelle dell’integrità del nostro servizio sanitario.
Per Cittadinanzattiva da sempre la trasparenza, la tutela della salute, così come la salvaguardia del servizio sanitario nazionale, sono pilastri essenziali del nostro Paese o meglio di uno Stato di Diritto, fondato sulla uguaglianza, sulla giustizia sociale, sulla equità e sulla solidarietà.
Così, poco tempo fa, Cittadinanzattiva – Tribunale per i Diritti del Malato ha redatto e pubblicato una raccomandazione civica “La gara che vorrei” finalizzata a rendere i processi di acquisto in sanità più vicini ai bisogni di salute delle persone e tutto ciò, per l’appunto, attraverso una serie di raccomandazioni civiche tra cui quella di coinvolgere cittadini, pazienti ed operatori in ogni fase della gara: ecco quindi la partecipazione, il coinvolgimento, la trasparenza, a tutela della salute e del servizio sanitario, che si realizza.
Ma non basta; Cittadinanzattiva - Tribunale per i Diritti del Malato ha avviato presso la Fnmoceo la campagna “Cura di coppia” finalizzata alla realizzazione di un decalogo per ricostruire il rapporto medico-paziente, da tempo in crisi, nella assoluta consapevolezza che la ricostituzione della fiducia tra medico e paziente necessita della ricostruzione della relazione e quindi delle modalità e dei tempi della comunicazione: solo comunicando, solo attraverso il reciproco coinvolgimento tra medico e paziente, si instaura un rapporto trasparente da cui né trarrà sicuramente beneficio sia la salute delle persone che il servizio sanitario.
Monia Mancini, Segretario Regionale Cittadinanzattiva