Antefatto. E’ di qualche giorno fa che la notizia che qualche giorno prima delle elezioni il Governo ha siglato tre pre accordi con l’Emilia-Romagna, la Lombardia ed il Veneto che aprono la strada ad una maggiore autonomia regionale che per quanto riguarda la sanità potrebbero portare ad avere una mano più libera su temi quali il personale e relativi tetti di spesa, ticket, tariffe e fondi integrativi. Cose non da poco davvero. A distanza di qualche giorno, a mezzo stampa, il Presidente della Regione Marche, con delega alla tutela della salute, comunica di aver “predisposto due delibere gemelle con la Regione Umbria” per avere maggior autonomia anzi per chiedere “sostanzialmente la regionalizzazione di competenze decisive per lo sviluppo sociale, come la sanità e l’istruzione e di tutte quelle facoltà essenziali per lo sviluppo economico”. E’ stato proposto per la pubblicazione in un organo di stampa online che si occupa di sanità un contributo di Monia Mancini, che abbiamo pensato di proporre sotto forma di intervista. Monia è il Segretario Regionale di Cittadinanzattiva delle Marche. E quindi …
Chi: Monia Mancini, Segretario Regionale Marche di Cittadinanzativa.
Cosa: la richiesta di alcune Regioni, tra cui da poco, le Marche di una maggiore autonomia su diversi temi tra cui la sanità..
Perché: se passa l’autonomia regionale il rischio di accentuare ulteriormente le già forti diseguaglianze di salute in Italia potrebbe aumentare.
Monia qual è stata la tua prima impressione a caldo rispetto a questa scelta della Regione Marche di richiedere maggiore autonomia?
Debbo dire che mi è subito venuto in mente quanto sosteneva Carl Schmitt, studioso di diritto pubblico ed internazionale: “La politica costituisce al tempo stesso la fortuna e la sfortuna del costituzionalista”. Poi in realtà ho pensato che è più corretto affermare che la politica, anche regionale, sia sempre di più la sfortuna della nostra Costituzione. Circostanza ancor più preoccupante è che questa richiesta delle Regioni avviene a 40 anni esatti dalla nascita del Servizio Sanitario Nazionale: quindi, quale miglior modo di celebrare detta ricorrenza se non quello di farlo attraverso accordi con il Governo per una maggior consolidata autonomia delle Regioni anche nel campo della salute / sanità? Solo che per me, e non credo solo per me, questo non è davvero il miglior modo di festeggiare la nascita del SSN.
Puoi spiegare i motivi di questa tua posizione e preoccupazione?
Perché rischieremmo di mettere in discussione di fatto l’ancora vigente e cogente l’art. 32 della Costituzione, secondo cui è “La Repubblica (non le Regioni) a tutelare la salute quale fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività” attraverso il Servizio Sanitario Nazionale, quello della legge 833 del 1978, ovvero attraverso un sistema sanitario universale, in cui tutti i cittadini, (ndr della Repubblica) senza distinzione di condizioni individuali o sociali, hanno pari diritti e sono uguali nei confronti del Servizio, nel rispetto dei principi fondanti la nostra Repubblica ovvero quello all’art. 2 della Costituzione per cui “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo” ed all’art. 3 comma 1 della Costituzione, secondo cui “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Insomma, non bastano ancora le inaccettabili diseguaglianze che il federalismo sanitario ha già prodotto, non solo tra Regione a Regione ma talora anche all’interno della stessa Regione, visto che si continua ad insistere e persistere, ora anche da parte della Regione Marche, sulla strada della maggior autonomia sanitaria regionale.
E quindi il tuo (vostro) timore è che più autonomia alle Regioni possa far aumentare ulteriormente la diseguaglianza che già affligge il sistema sanitario e sociale?
E’ proprio così. Le diseguaglianze di oggi per noi cittadini bastano, non vogliamo ulteriori diseguaglianze: la salute è un diritto universale, uguale per tutti, e la politica, anche regionale, dovrebbe occuparsi di eliminarle, non di accentuarle, evitando anche di correre il rischio di creare di nuove.
La nostra idea è che, seguendo gli insegnamenti del Costituzionalista Martines, nel momento in cui vi è una frattura tra la Costituzione materiale (che è il trionfo della forza, anche politica, sulle regole, anche su quelle fondanti uno Stato di Diritto) e la Costituzione formale (quella scritta, fatta di principi e regole e che continua ad essere valida in quanto facente parte dell’Ordinamento), sia quest’ultima a dover prevalere, sempre e comunque, e non viceversa, come invece purtroppo da molto tempo sta avvenendo, come con la riforma Costituzionale del 2001, che ha sancito la nascita del federalismo sanitario e previsto la possibilità ex art. 116 della Costituzione di ampliare ulteriormente l’autonomia delle Regioni anche nel campo della tutela salute.
In fondo anche in sanità si può parlare di sanità materiale e sanità formale. O no?
Certamente, non è per nulla sbagliato parlare anche di “sanità materiale” e di “sanità formale”: la prima, quella vera, reale, che vivono tutti i giorni i cittadini sulla propria pelle, fatta di tante diseguaglianze ed anche di negazione della tutela della salute, magari soltanto perché si vive in una zona disagiata dal punto di vista orografico e/o ambientale o perché non si hanno risorse economiche sufficienti per potersi curare e la seconda, la “sanità formale”, quella scritta, quella per esempio dell’art. 32 della Costituzione o della Legge 833, che sono e restano comunque vigenti e cogenti, continuando a sancire l’universalità del diritto alla salute.
C’è quindi il concreto rischio che la politica trascuri la “sanità materiale” e quindi non si impegni affinché la salute formale sia parimenti garantita sul piano materiale a tutti i cittadini, senza distinzioni sociali, economiche o di Regione e Comune di residenza?
E’ proprio questo il rischio. I cittadini hanno già iniziato combatterò questo rischio, con la campagna nazionale di Cittadinanzattiva “Diffondi la salute” ovvero con la proposta di riforma dell’art. 117 della Costituzione che viene riscritto in modo tale di ridare centralità alla tutela della salute quale diritto uguale per tutti: campagna alla quale 60 organizzazioni (tra cui la FIMMG, SIMEU, FNOPI, SIMG, ACTIONAID, CIA, SAVE THE CHILDREN, FORUM DISEGUAGLIANZE DIVERSITA’, SLOW FOOD, AMICI onlus, FONDACA, solo per citarne alcune) hanno già dato il loro sostegno.
Un ultimo messaggio al Presidente che ci dicono nostro assiduo lettore?
Egregio Presidente della Regione Marche, con delega alla tutela della salute, la strada che si vuol intraprendere della autonomia regionale (ancora, e ancora di più) ci preoccupa e non poco, certi e convinti come siamo in tanti, che la salute è un diritto umano, universale, uguale per tutti e che differenze tra le Regioni non vadano accentuate. A meno che la stessa Regione Marche non voglia farsi anche promotrice di una proposta di riforma dell’art. 32 della Costituzione ovvero che siano le Regioni, e non più la Repubblica, a garantire la tutela della salute quale diritto dell’individuo e interesse della collettività regionale: se fosse così ce lo dica, anche se questa può apparire adesso più che una domanda una provocazione, ma d’altro canto il suo annuncio a mezzo stampa a tanto ci fa pensare.
Grazie Monia. Una mia personale osservazione e domanda al Presidente con delega alla Tutela della salute. Se le Marche esercitano oggi in modo inadeguato l’attuale già alto livello di autonomia nella gestione della sanità cosa ci fa pensare che maggiore autonomia equivarrebbe ad un miglior servizio al cittadino? C’è qualcosa che si sarebbe potuto fare e la mancanza di autonomia lo ha impedito? Qualche esempio aiuterebbe. D’altro canto in questo blog si trovano moltissimi esempi di criticità perfettamente affrontabili dentro i livelli di autonomia attuali. Che so: la totale mancanza di dati e verifiche sui processi in atto, il sottofinanziamento della salute mentale e la carenza di servizi domiciliari e lo svuotamento delle competenze del distretto sono frutto della carenza di autonomia?