Il rapporto tra stampa e sanità è un rapporto complesso. Da una parte le aziende sanitarie curano mediamente (e le differenze si notano a partire dall’attenzione- scarsa - ai siti web) poco la comunicazione.
Più di un anno fa l’AOU Ospedali Riuniti di Ancona aveva bandito un posto da addetto stampa: non so quale norma abbia ostacolato questa ottima scelta (e concreta espressione di autonomia organizzativa)! Si riconosceva l’esigenza di una specifica professionalità per gestire un elemento essenziale in sanità, come in ogni settore. Non può certo sopperire l’ufficio stampa della Regione, che ha evidentemente altre finalità.
Dall’altro c’e’ la stampa, il regno dei giornalisti, una categoria con un codice deontologico lontano dalla realtà mentre è in gioco una dimensione ben più importante della salute: la reputazione (di una persona, di un’azienda sanitaria o dell’intero sistema). Si pensi all’invenzione del termine malasanità, quasi fosse un’organizzazione criminale da assimilare a mafia, camorra, 'ndrangheta e sacra corona unita… (ma siamo sicuri che la frequenza di errori che colpiscono la salute sia davvero paragonabile agli errori della stampa contro la reputazione?).
Di fatto a fronte dei principi deontologici della professione, resta sovrana la regola secondo cui fa notizia solo l’uomo che morde il cane!
Certo con aziende sanitarie che comunicano poco e male è difficile essere equilibrati e occorre una dose particolare di responsabilità e impegno per approfondire una materia sicuramente complessa, come il mondo della sanità (con questo blog vorremmo, basandoci sui numeri, favorire un rapporto corretto) e professionisti che con la reputazione curano.
Ma forse proprio perché la salute è un valore (e la reputazione di chi lavora ogni giorno a contatto con la sofferenza merita forse una attenzione in più) si potrebbe trovare un modo, magari per il tramite degli organi e collegi professionali, di aprire un dialogo per una formazione reciproca (dei sanitari sul comunicare e dei giornalisti sulla complessità della sanità) e magari anche definire un codice di comportamento condiviso, che eviti le imprecisioni e la cattiva informazione.
Per dire quello che c’e’ da dire, ma evitare di sbagliare… per la serenità e la salute dei cittadini.
PS: utile ricordare il monito di Karl Popper, che ha scritto Cattiva maestra televisione, e non a caso, fa un parallelo tra medici e giornalisti: