Come per tutti gli attrezzi che usiamo è sempre bene leggere le istruzioni per l'uso, altrimenti si rischia di farsi male.
Ma è necessario anche leggere anche le istruzioni che riguardano noi stessi!
In alcuni articoli sono già stati segnalati alcuni meccanismi che possono farci sbagliare (perchè sbagliare è possibile, solo il perseverare...):
- Nudge (questa parola è quasi nuova): la spinta gentile
- Per non trovarci a dire di aver solo mandato avanti i treni...
L'effetto spettatore, l'inglese nel titolo serve ad attrarre l'attenzione, è stato descritto in un articolo del 1968 di JM Darley e B Latané; l'articolo parte da una tragica vicenda di una donna - Kitty Genovese - uccisa in città senza che nessuno ascoltasse le sue richieste di aiuto. In estrema sintesi, quello che si realizza (quando assistiamo ad esempio ad una azione di violenza verso qualcuno) è un meccanismo che sembra collegato ad un effetto di distribuzione delle responsabilità che finisce col paralizzare l'azione di tutti i presenti, e li trasforma in spettatori passivi.
Purtroppo la cronaca segnala eventi gravissimi avvenuti nell'indifferenza dei presenti (pestaggi, violenze, atti di bullismo, maltrattamenti a minori o anziani, ecc).
"Un bambino vede i suoi compagni di scuola angariare un altro ragazzino; i vicini vedono e sentono una donna che grida, aggredita per la strada: ecco i prototipi della passività costituita dal non portare aiuto, dal non cercare di saperne dì più o del non dichiarare apertamente il proprio pensiero.
Si ritrovano qui le cause contestuali comuni:
- percezione errata - non capire cosa sta succedendo;
- responsabilità comune - quando troppe persone sono presenti è meno probabile che ognuna offra aiuto;
- paura - di diventare noi stessi una vittima;
- diniego - bloccare ogni comprensione del significato dell'evento;
- mancanza di empatia, confini - le vittime sono al di fuori del nostro universo di obbligo morale;
- ottundimento psichico - una capacità ridotta di sentimento;
- routine e desensibilizzazione - ogni elemento in più di sofferenza diventa prevedibile, normale, senza alcun imperativo speciale per rispondere;
- nessun canale di aiuto - non sapete come intervenire (cosa fare, a chi dirlo) in un modo che possa fare una differenza;
- sostegno ideologico - osservatori che condividono la visione del mondo dei colpevoli, ovviamente, non intervengono".
Così Cohen in Stati di negazione (Carocci, 2002. p 200) riassume i meccanismi in azione.
Abbiamo, quindi, questo difetto di programmazione e, per evitare di non vedere qualcosa di sbagliato che abbiamo sotto gli occhi restando passivi, bisogna ricordarsi che dobbiamo mettere una attenzione particolare e esercitare una vigilanza attiva su quello che succede intorno a noi; nel caso delle organizzazioni complesse abbiamo bisogno di tanti numeri, e quelli giusti nella lettura di come l'organizzazione persegue le finalità per le quali esiste (e spesso l'organizzazione dimentica i propri scopi ed occorre ricordarli esplicitamente... per questo occorre Volere valori!).
Ora, proprio ora, potrebbe stare succedendo qualcosa di sbagliato mentre noi restiamo assolutamente passivi, non nella lontana Siria o nei campi di lavoro nord coreani, ma di fronte ai nostri occhi, nel nostro posto di lavoro, lungo la strada mentre passeggiamo...
Ecco perchè certe cose sono potute accadere e sono state tollerate da chi assisteva passivamente, ma storie come quelle accadute nella Francia occupata dai nazisti grazie a André Trocmé e alla moglie Magda Grilli ci ricordano che restando vigili invece...
E, quindi, dedichiamo anche un ricordo ad Arnaud Beltrame, il colonnello eroe di Trebes, segnalando anche l'articolo di Aldo Cazzullo.