Chiedo subito scusa del titolo: cosa non si fa per farsi leggere! Ma è un argomento che mi appassiona e ci tengo a condividere alcune riflessioni. Il titolo più giusto sarebbe stato forse “cosa è e cosa non è l’Agenzia Regionale Sanitaria: istruzioni per l’uso”, ma ormai abbiamo citato Ivano e Jessica (Carlo Verdone, Viaggi di Nozze, 1995) e andiamo avanti.
Una premessa. Le considerazioni che seguono sono assolutamente personali e per questo parto con una piccola parentesi autobiografica. In fondo nella mia vita professionale ho avuto abbastanza fortuna, certo molta di più di quanto non mi aspettassi quando mi trovai laureato in medicina (lascio perdere “e chirurgia” perché non è proprio il caso di citarla nel mio caso!) e non volevo fare il medico. Della mia vita professionale apprezzo la varietà di esperienze (arrotondando: un decennio universitario, un decennio aziendale, un decennio a livello regionale e un quinquennio in un istituto a carattere scientifico pubblico) e la unicità del luogo: le mie amate Marche. La Regione Marche e la loro sanità le ho però viste anche da fuori perché ho fatto parte di organi tecnici nazionali e di commissioni tecniche interregionali. Tutto questo per dire che quando parlo di sanità pubblica in una dimensione regionale so quello di cui parlo. E questo vale anche quando parlo della Agenzia Sanitaria Regionale (ARS, d’ora in poi), a prescindere (come diceva il grande Totò) dalla normativa regionale che potrebbe supportare la scelta (sbagliata per me) di assegnarle un ruolo per così dire "ancillare".
Dove voglio arrivare? Lo dico subito: sono molto preoccupato per il futuro dell’ARS e ritengo che le mie preoccupazioni dovrebbero essere condivise da tutti coloro che hanno a cuore lo stato di salute della sanità marchigiana. A partire dai cittadini e da chi, a vario titolo, li rappresenta. Infatti, una Agenzia che non fa quello che dovrebbe fare e che viene gestita per non farglielo fare non è un danno economico, ma è una scelta che incide sulla salute dei cittadini perchè non aiuta la Regione a fare le scelte giuste e, magari, avvalla quelle sbagliate.
Adesso ricorro ad una specie di favoletta che tiro fuori ogni tanto: il taglialegna ed il viandante. Un taglialegna si affanna nel bosco a segare un po’ di alberi, ma suda copiosamente e legna tagliata non se ne vede tanta. Passa un viandante (non povero però, non è che tutti i viandanti devono essere poveri per forza!) e dice al taglialegna (dopo un primo timido approccio con un “posso dirle una cosa, mi scusi!”): “Mi scusi di nuovo, ma si vede che la sega ha perso il filo. Se la cambia o l’aggiusta forse farà meno fatica!”. Il taglialegna torna al suo (faticoso e poco utile) lavoro e borbotta in modo quasi incomprensibile: “Non ho tempo per queste cose io: io debbo segare”.
Ecco l’ARS è il viandante (l’avevo detto che non era povero!) che aiuta il livello più operativo (Assessorato /Servizio Sanità e Aziende) a lavorare con minor fatica e maggiori risultati fornendogli gli strumenti più adatti (la sega del taglialegna).
Vediamo alcuni esempi recenti. E’ stato recepito l’accordo stato-regioni sul Piano Nazionale Cronicità con la DGR 1355/2017. Ottima delibera sul piano formale: i riferimenti normativi sono corretti e i collegamenti con gli altri atti regionali completi. Solo che non basta. Chi ha il compito di verificare nella letteratura quali modelli di approccio alla cronicità in giro per il mondo funzionano? A chi spetta di fare sintesi sulle precedenti esperienze italiane: da quella lombarda privato-centrica a quella Toscana della medicina d’iniziativa? Queste ed altre risposte le deve dare l’ARS che affianca ai riferimenti normativi quelli di letteratura e che produce dati “buoni” sul fenomeno della cronicità mettendo insieme quello che viene fuori dalle diverse fonti (ad esempio sembrerebbe che sul diabete siamo messi bene).
Un altro esempio: la telemedicina. La regione ci sta investendo (vedi le recenti DGR 1250/2017 e DGR 1414/2017). Ma chi fa in modo da rispondere alle domande su quanto ci sia davvero da aspettarsi dalla telemedicina, modello complesso di offerta di servizi su cui vi sono consistenti riserve? E chi deve fare in modo che gli indicatori di monitoraggio siano poi effettivamente misurati e utilizzati e non solo citati nelle delibere come di solito succede? Ancora una volta la risposta è: l’ARS?
Un altro esempio ancora: la mobilità sanitaria. Chi deve fare le analisi che descrivono un fenomeno che pare misterioso quando è il più leggibile di questo mondo (Cominciamo da un argomento a piacere: le Marche e la mobilità sanitaria)?
Penultimo esempio: chi deve monitorare lo stato del sistema sanitario e della salute dei suoi cittadini per evidenziare le carenze che questo sito ha già più volte richiamato assieme ad altri sulla residenzialità (Potenziare la residenzialità?), sulle demenze (Dagli atti alle azioni: il caso delle demenze), sul sotto finanziamento della prevenzione (Infortuni in aumento. La prevenzione pare di no ...) e così via. La risposta è ancora: l’ARS.
Ultimo esempio. Pare piccolo, ma non lo è affatto. Chi deve ricordare che i problemi non sono i pannoloni, ma l’incontinenza? A proposito: grazie a Roberto Amici per averlo sottolineato in un suo commento ad un post di Remo. Una recente bella ricerca dell’INRCA ha documentato la sofferenza che c’è dietro il fenomeno incontinenza. Che per la Regione si riduce all’appropriatezza d’uso dei pannoloni. Quando la cultura della risposta all’incontinenza è in realtà diffusa grazie ai tanti ottimi professionisti che se ne occupano (in disordine: fisiatri, urologi, ginecologi, geriatri, infermieri, fisioterapisti, internisti, medici di distretto, medici di medicina generale ed altri ancora cui chiedo scusa per la mancata citazione). Torniamo a noi: chi deve spostare il focus dai pannoloni all’incontinenza? Stavolta non l’ARS, ma il buon senso e la cultura. Che però l’ARS ha il compito di promuovere perché non deve essere schiacciata sull’operatività delle delibere, ma deve poter pensare e “criticare”.
Capisco che invece l’Agenzia viene ciclicamente vista dalla politica come inutile centro di costo o come ulteriore articolazione delle funzioni operative del Servizio. Sbagliatissimo il primo punto di vista, solo sbagliato il secondo. Come conseguenza di questa visione comunque sbagliata nessuno può disturbare il conducente ricordandogli il ruolo del Piano Sanitario (Dove sono finiti i Piani Sanitari?) e delle Relazioni sullo stato di salute (Relazione sullo stato di salute: sicuri di poterne fare a meno? Un esempio (non) a caso: gli immigrati.). E a corollario di questa scelta di avere una ARS allineata segue quella di avere direttori che questo allineamento lo garantiscono (Le dimissioni del prof. Di Stanislao: coll’avvocato Agnelli non sarebbe successo!).
Per me un’ARS allineata è un ossimoro.
Ma per altri la stranezza sta in questa convinzione (ne debbo parlare con Ivano e Jessica, chissà che ne pensano?).