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Abbiamo di recente dedicato due post collegati al tema della mobilità sanitaria interregionale e al ruolo che in questa giocano i privati. Nel primo abbiamo visto la natura della attività svolta nei confronti della Regione Abruzzo da parte di alcune Case di Cura private delle Marche, mentre in un altro abbiamo commentato il rapporto della fondazione GIMBE sui dati della mobilità sanitaria interregionale 2017.

Oggi chiudiamo questo tris di post sulla mobilità affrontando un tema strategico: con la approvazione del Nuovo Patto per la Salute cambieranno radicalmente le regole della mobilità sanitaria. Attenzione: il testo che il  Nuovo Patto per la salute dedica alla mobilità sanitaria interregionale lo trovate nel rapporto della Fondazione GIMBE. Ad ogni buon conto questa parte la trovate alla fine.

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Il binomio qualità e sicurezza delle cure si ritrova in mille documenti e dà il nome ad una pagina del sito del Ministero della salute, ma c’è una specie di deviazione scoliotica della attenzione nei confronti dei due temi fortemente  sbilanciata dalla parte della sicurezza,  e quindi del risk management o gestione del rischio clinico che dir si voglia. Basta seguire  ciò che “si muove” nella nostra sanità per accorgersene. Prendiamo gli ultimi giorni. E’ stato segnalato l’avvio della certificazione professionale del Coordinatore delle attività di gestione del rischio sanitario. E’ stato presentato un modello made in Italy di gestione del rischio in sanità. Sono stati ancor più di recente presentati gli Atti di un Convegno dei primi due anni di applicazione della Legge Gelli (titolo degli atti: Sicurezza delle Cure e responsabilità degli operatori).

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E’ uscito il Rapporto della Fondazione  GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze) sulla Mobilità Sanitaria Interregionale 2017. Cogliamo l’occasione per (ri)ragionare sul governo (che non c’è) della mobilità sanitaria nella Regione Marche. Il Rapporto ha alcuni limiti metodologici che trovate qui, ma dipinge un quadro chiaro (e noto da tempo). Ci sono forti squilibri tra Nord (che “vende”) e Sud (che “compra”). Le Marche anche nella mobilità sono, a  seconda di come le si vuole vedere, o l’ultima Regione del Centro-Nord o la prima del Centro-Sud.

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Il magico potere del riordino è il titolo di un libro di alcuni anni fa dal successo planetario al punto che è uscita su Netflix pure una serie a cura della stessa autrice, Marie Kondo. A parte l’uso domestico che si può fare delle sue indicazioni (che non conosco, ma magari guardo la prima puntata della serie) mi affascina l’idea di applicare l’azione del riordino anche alle cose di cui ci occupiamo qui in questo blog. 

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Il dibattito sul privato in sanità rischia di essere inutilmente ideologico se non si guardano i dati e non ci si dà un criterio di lettura razionale. Bisogna partire dalla  realtà della situazione che è diversa da Regione a Regione. Nelle Marche le Case di Cura (in questo post parliamo di quelle multispecialistiche) sono generalmente piccole (nessuna raggiunge i 100 posti letto per acuti, mentre la maggioranza ha tra i 60 ed i 70 posti letto) e negli ultimi anni hanno fortemente ridotto le attività per acuti di area medica (non più logiche in questo tipo di strutture), mentre hanno progressivamente caratterizzato la loro attività privilegiando quella di tipo chirurgico programmato. La assenza di un’area intensiva fa sì che in queste strutture prevalgano linee di attività chirurgica non di alta complessità con l’unica eccezione della chirurgia ortopedica.