Qualche giorno fa avevamo dato la notizia di una (relativamente) elevata incidenza delle epatiti E nelle Marche e ci chiedevamo se dipendesse da una sorta di mini-emergenza epidemiologica o da una elevata capacità diagnostica. Da una recentissima nota dell’Istituto Superiore di Sanità che coordina il sistema di sorveglianza delle epatiti in Italia emerge che la risposta alla domanda di prima dovrebbe essere la solita di Quelo “la seconda che hai detto!”.
Ecco cosa scrive la nota: Se osserviamo la distribuzione dei casi osservati per Regione di notifica si nota un evidente gradiente geografico per il quale la maggior parte delle notifiche proviene dal Nord-Centro Italia, mentre solo casi sporadici sono notificati dalle Regioni di Sud e Isole. In Particolare quasi 200 dei casi osservati (197/332, 59,3%) sono stati diagnosticati in 3 sole Regioni (Lombardia, Marche e Lazio) dove esistono laboratori di regionali di riferimento che, da diversi anni, hanno capacità diagnostiche per l’epatite E. La distribuzione geografica osservata sembra quindi attribuibile a una distribuzione delle capacità diagnostiche/attitudine a eseguire il test, più che a una reale differenza geografica nell’epidemiologia dell’epatite E in Italia.
Molto bene. In realtà un ulteriore piccolo approfondimento epidemiologico non guasterebbe visto che in ogni caso anche rispetto a Lombardia e Lazio l’incidenza nelle Marche negli ultimi anni sembrerebbe particolarmente più alta. Con l’occasione segnaliamo che le diagnosi nelle Marche vengono fatte dal Servizio di Virologia degli Ospedali Riuniti di Ancona, vera eccellenza regionale di cui magari torneremo a parlare.