...del resto è lo stesso che mi ero fatto sul caso del prof. Di Stanislao.
E i competenti hanno spesso una abitudine non gradita a chi comanda: dissentire in modo argomentato e proporre correttivi agli errori.
Di gran lunga preferiti sono gli in/competenti che invece preferiscono offrire il loro incondizionato consenso ai potenti senza argomenti e l’entusiastica adesione anche a scelte sbagliate o inutili o quanto meno discutibili.
Forse per far carriera?
E la competenza è di frequente accompagnata da un’altra virtù negletta: l’umiltà, che spinge i competenti non a cercare lo spot in TV o sul giornale ma a lavorare duramente per raccogliere risultati, dopo aver studiato duramente per raccogliere dati.
Invece vincono, convincono e appaiono gli igno-arroganti (i “no-dati”). Anche in Sanità.
Accade poi che alcuni competenti accettino consulenze a titolo gratuito. Peraltro è quello che fanno i moltissimi del mondo del volontariato (intendo: lavorare gratis, anzi, con dei costi personali anche economici), non pochi dei quali sono più competenti di molti “com-potenti”. Ho sentito uno di questi ultimi (i “com-potenti”) un giorno dare con davvero sottile ironia del “seminarista” al prof. Di Stanislao (ovviamente in sua assenza), pensando fosse solo dedito a fare “seminari”.
Arrogante e ignorante: perché arrogante potrebbe capirlo perfino lui; ignorante perché ha dimostrato ai molti presenti (il mondo del volontariato) di non sapere quanto Di Stanislao abbia studiato, scritto, rappresentato ed anche e soprattutto fatto nella sanità. Non solo marchigiana. Mi chiedo anche però, se sia giusto che i competenti lavorino gratis. Per una serie di ragioni.
La principale è che l’assenza di retribuzione fa credere che quel lavoro non valga nulla, in un contesto sociale in cui il denaro, il successo, l’apparenza, l’ “igno-arroganza” appunto, la fanno da padroni. E naturalmente ai competenti gratuiti non sono dati gli strumenti, i mezzi, gli spazi, le persone (sorpresa! Questi non sono gratuiti) per fare quello che, con qualche cedimento alla società dell’apparenza e della rappresentazione, era comunicato ai cittadini.
Perché dunque meravigliarsi dei passi indietro di gente in gamba?
Eppure. L’epidemiologia, il sistema informativo, i tempi e le liste di attesa, la valutazione delle tecnologie, i percorsi assistenziali, l’appropriatezza delle prestazioni e delle prescrizioni, il rischio clinico, l’assistenza socio-sanitaria, la presa in carico post-dimissione, le strutture territoriali, la salute mentale, la sicurezza nei luoghi di lavoro, il rischio clinico, la trasparenza, l’inquinamento ambientale, l’accreditamento e l’autorizzazione, la sostenibilità, la formazione, l’ “eccellenza”, troppo spesso evocata a sproposito (ed altro ancora), sono problemi complessi, in molti casi interagenti fra loro, per affrontare i quali è necessaria un’alleanza di intelligenze, di competenze, di professioni, di discipline che esistono! Fra gli operatori, fra i cittadini e le loro associazioni; anche fra i rappresentanti eletti nelle istituzioni e i tecnici scelti per dirigere le aziende io sono sicuro che, a ben cercare, esistano: nessuno però si deve sentire primadonna o capace di risolvere da solo una costellazione di questioni così grandi (“non esistono soluzioni semplici per problemi complessi” “o, se si crede esistano, sono sbagliate”).
Solo un impegno collegiale, umile (sic), prudente, lento ma continuo, sulla base di grandi visioni strategiche e concreti progetti specifici può farci camminare nella direzione giusta. Le risorse ci sono, se il Palazzo vuole davvero raccoglierle. O vuole accontentarsi di improvvisati ed isolati “esperti” (magari anche ben retribuiti) che mostrano sempre una gran fretta e pretendono che tutti corrano, ai loro ordini naturalmente, molto molto velocemente, senza però saper bene dove, come e per fare cosa.
Come fecero l’ammiraglio Persano a Lissa (non lontano da Ancona nel 1866) o la “catena di comando” Capello-Cadorna-Badoglio nel 1917: la storia e le tecniche organizzative aziendali possono insegnare molto a proposito. Certo: è necessario leggerle, studiarle, comprenderle ed applicarle per evitare sonore sconfitte. Se impareremo tutti, operatori, manager, amministratori, cittadini a farlo insieme qualche speranza di miglioramento credo ci sia.