Il Ministero ha pubblicato i dati italiani dello "Studio di prevalenza italiano sulle infezioni correlate all'assistenza e sull'uso di antibiotici negli ospedali per acuti - protocollo ECDC . Report italiano PPS2 (Point Prevalence Survey) 2016-2017", curato dall'Università di Torino.
Nell'ambito dello studio di questa problematica le Marche possono vantare un lungo lavoro della Cattedra di igiene (casamadre comune ai due co-blogger) dell'Università Politecnica delle Marche, guidata dal Prof Marcello M. D'Errico (che è anche il Preside della Facoltà di Medicina e il referente per le Marche di questa ricerca).
Scorrendo il rapporto sulle ICA (Infezioni Correlate all'Assistenza) Il primo dato positivo è la partecipazione delle strutture marchigiane alla ricerca (10 dei 135 partecipanti), ma è anche molto interessante vedere quanti ospedali hanno le diverse regioni italiani partecipanti allo studio:
Il Report non fornisce i dati disaggregati per Regione. Estraiamo alcune delle considerazioni e dei dati forniti dallo studio.
"Il giorno dello studio 1.186 pazienti (8,03%) presentavano una infezione correlata all’assistenza contratta in un ospedale per acuti; se si considera la media delle prevalenze di ICA fra ospedali, tale stima diventa il 6,5% (IC 95%: 5,22% - 7,78%), il che indica che alcuni ospedali più grandi hanno mostrato una prevalenza maggiore, spostando in alto le stime grezze. La prevalenza di infezione varia dal 22,9% in terapia intensiva all’1,25% della psichiatria":
"Globalmente, le infezioni più frequenti sono quelle respiratorie (24%), le infezioni del tratto urinario (21%), le infezioni del sito chirurgico (16%), le infezioni del sangue confermate dal laboratorio (16%)".
"La gravità clinica del paziente (Mc Cabe score) predice fortemente il rischio di ICA, anche al netto del reparto di ricovero e degli eventuali dispositivi invasivi, con un rischio che passa dal 4,39% nei pazienti meno gravi, al 16,3% in quelli a rischio immediato di vita, con un aumento ulteriore di rischio di morte.
Altra variabile determinante è la durata della degenza con un rischio raddoppiato per ricoveri superiori alle 2 settimane (OR: 1,97; IC 95%: 1,62 - 2,4).
Il paziente chirurgico, in presenza di chirurgia invasiva, presenta un rischio aumentato rispetto al non chirurgico.
Il sesso maschile è risultato essere un ulteriore fattore di rischio, anche a parità di condizione clinica e reparto, con rischio aumentato rispetto al sesso femminile, di circa un 30% (OR: 1,27; IC 95%: 1,1 - 1,47); mentre l’età non è stata selezionata dal modello come fattore di rischio, poiché è risultata non rilevante in presenza di altri fattori di rischio considerati.
Infine, è stato riscontrato un grande aumento di rischio nei bambini nati sotto peso (rischio ICA: 15,4%), rispetto alla fascia di peso > 1 Kg che presenta un rischio di ICA ridotto del 70-80%".
"Intanto si può sottolineare che quanto emerso dallo studio italiano riflette i cambiamenti che l’assistenza sanitaria ha subito negli ultimi anni, con l’uso sempre più ampio di tecnologie sanitarie che garantiscono una maggior sopravvivenza in pazienti più fragili, ma che allo stesso tempo si associano ad un aumentato rischio infettivo. Nella tipologia di pazienti ricoverati nelle strutture per acuti sono sempre più presenti soggetti anziani (il 49,2% di pazienti di età >65 aa del PPS1 sale al 56% nel PPS2), pluripatologici o immunodepressi, portatori di dispositivi invasivi (erano portatori di Studio di prevalenza italiano sulle infezioni correlate all’assistenza e sull’uso di antibiotici negli ospedali per almeno un dispositivo invasivo il 66,8% dei pazienti PPS1 contro il 76,4% dei pazienti PPS2). Questi cambiamenti concorrono anche ad un sempre più ampio utilizzo di molecole ad ampio spettro, contribuendo allo sviluppo di resistenze antimicrobiche, che ad oggi, per alcuni microrganismi,
hanno raggiunto livelli di endemia negli ospedali italiani".
"Per quanto riguarda la prevalenza di utilizzo di antibiotici lo studio mostra come il 44,5% dei pazienti ricoverati era in trattamento antibiotico il giorno dello studio, frequenza superiore al 35% riportata a livello europeo nel precedente studio PPS, ma simile al dato italiano del PPS1 (44%) del 2011; questo dato fa porre l’attenzione sulle motivazioni e sull’appropriatezza prescrittiva delle terapie intraprese".
Il documento richiama la nostra attenzione su alcuni aspetti essenziali:
- il dovere degli operatori sanitari di porre la massima attenzione nell'assistenza e cura dei pazienti (a partire dal lavaggio delle mani);
- l'urgenza di porre in atto misure concrete per contenere l'abuso di antibiotici (a partire dal farmacista di reparto e dalla disponibilità di infettivologi come consulenti);
- la centralità di reparti come la riabilitazione, la lungodegenza e la geriatria rispetto all'attuale popolazione ospedaliera e il rispetto che queste discipline devono ricevere nella programmazione sanitaria (se vuole partire dai bisogni dei cittadini).