Il gioco del 15 e la sanità regionale
Il gioco del 15 lo ricordano quelli della mia generazione (diciamo quelli che o sono già in pensione o stanno per andarci). E’ un rompicapo che si gioca con una tabellina quadrata divisa in quattro righe e quattro colonne (quindi 16 posizioni) su cui sono posizionate 15 tessere quadrate, numerate progressivamente da 1 a 15, con l’ultima posizione vuota. Dopo abbondante rimescolamento si deve ripristinare la primitiva ordinata distribuzione da 1 a 15, con l’ultima posizione di nuovo vuota.
Bene, nel gioco del 15 della sanità marchigiana sembra mancare la casella vuota e quindi, con il sistema bloccato, tutti gli spostamenti necessari per mettere ordine non si riescono a fare. E perché la casella è al momento vuota? Perché la casella serve e quindi si vede solo se chi governa il sistema vede la necessità di spostare e riordinare. Nelle Marche c’è una situazione di importante e verificabile scollegamento tra chi programma, regolamenta e gestisce (livello regionale ed aziendale ) da una parte e chi lavora (dirigenti ed operatori), viene assistito (i cittadini), rappresenta chi lavora (sindacati, ma anche Collegi professionali) e rappresenta i cittadini e le loro famiglie (associazioni) dall'altra. Più il punto di vista è centrale e meno si vede la necessità di trovare la casella vuota e muovere il sistema verso cambiamenti di posizione, mentre più il livello tocca la quotidianità dei servizi e più l’esigenza di muovere è vissuta come importante.
Per decidere cosa spostare e come, verrà prima offerto qui un repertorio di criticità (le caselle fuori posto) e poi indicate una serie di linee strategiche. Parleremo alla fine della casella vuota che consente gli spostamenti.
Le criticità della sanità marchigiana
Nel sito, e in particolare nel blog, abbiamo tra l’altro evidenziato criticità rilevanti come:
- una discesa della Regione Marche nelle posizioni di centro classifica delle performance regionali;
- la pratica assenza di un sistema informativo comprensivo di una reportistica commentata su: assistenza ospedaliera, assistenza domiciliare, assistenza residenziale, mobilità sanitaria, servizi per la salute mentale, servizi per le dipendenze patologiche, …;
- la spesa elevata per farmaci e dispositivi medici;
- la variabilità territoriale importante in alcuni indicatori di esito del PNE;
- l’assenza di sistemi di monitoraggio di reti cliniche e PDTA, pure previsti nei relativi atti;
- la carenza di servizi nell’area delle demenze (e la assenza di un Piano Regionale Demenze vero);
- l’incidenza elevata di nuovi casi di infezione da HIV;
- una speranza di vita in buona salute alla nascita bassa;
- un elevato numero di TSO;
- la assenza di una politica per il governo della mobilità sanitaria e un incremento progressivo fino al 2016 del saldo passivo di mobilità;
- la assenza di un piano interpretabile di edilizia ospedaliera;
- una bassa copertura da parte dell’ADI;
- i forti ritardi nel fascicolo sanitario elettronico;
- la pratica scomparsa dei consultori;
- gli aumenti degli infortuni sul lavoro accompagnati da una carenza nella attività ispettiva negli ambienti di lavoro e da un sottofinanziamento della prevenzione collettiva negli ambienti di vita e di lavoro;
- la carenza di una funzione strutturata in Regione e nelle Aziende di gestione dei problemi di qualità e sicurezza;
- una arretratezza nei modelli organizzativi (e prima ancora culturali) della assistenza sanitaria di base con una integrazione ancora debole al suo interno della medicina generale (a fronte di accordi sul piano teorico avanzatissimi);
- la fortissima carenza della fase riabilitativa in tutti i PDTA importanti che la prevedono (ictus in primis);
- gravi ritardi nello sviluppo dei modelli organizzativi in grado di sviluppare l’autonomia e la responsabilità delle nuove professioni, dentro e fuori li ospedali (vedi la storia dei dipartimenti delle professioni);
- ritardi nelle risposte alle richieste di sindacati, associazioni, collegi professionali di incontri sistematici per la soluzione dei problemi dagli stessi rappresentati;
- non operatività dei gruppi di lavoro, commissioni, organismi previsti negli atti regionali assieme ad indicatori quasi mai verificati;
- grave ritardo nel Piano Regionale Cronicità;
- rete dell’emergenza territoriale disallineata rispetto agli standard di altre Regioni con un eccesso di costi evitabili in assenza di dati che ne supportino la maggiore efficacia ed efficienza, che in base ai dati disponibili vanno anzi migliorate.
Le linee strategiche proposte
Se nel paragrafo precedente abbiamo visto le caselle fuori posto (le criticità), in questo paragrafo si cercheranno di identificare delle possibili linee strategiche per la sanità marchigiana. Per rimanere al gioco del 15, queste linee dovrebbero servire a rimettere i pezzi a posto. Chiameremo qui linee strategiche quegli insiemi di programmi ed azioni finalizzati al perseguimento di un macro obiettivo prioritario di sistema. Quelle proposte sono:
A. orientamento alla prossimità e territorialità:
- potenziamento del ruolo del distretto;
- riqualificazione del rapporto con i medici di medicina generale attraverso una realizzazione sul campo effettiva e monitorata degli accordi già sottoscritti (eventualmente integrati) e un Piano Regionale Cronicità che lo valorizzi;
- potenziamento e qualificazione dell’area della post-acuzie (ospedaliera, residenziale e domiciliare) che ha notevolissimi problemi di quantità dell’offerta, di regolamentazione e di governo (le dimissioni degli ospedali sono faticosissime e la dimissione protetta ancora da realizzare in moltissimi presidi), comprensiva della rete delle cure palliative;
- potenziamento e qualificazione specifica dell’area della riabilitazione in cui vanno rivisti i modelli culturali ed organizzativi e va sanata la carenza di offerta (i PDTA di molte condizioni come l’ictus sono debolissimi nella fase della riabilitazione). Vi è un problema enorme ancora da aprire di riabilitazione geriatrica nei pazienti con pluripatologia che affollano gli ospedali e le residenze, che non sono in grado di sostenere un trattamento riabilitativo intensivo e che non ricevono quella riabilitazione di mantenimento di cui pure hanno molto bisogno. La riabilitazione ha bisogno nelle Marche di un think tank (pensatoio) dedicato;
- investimento politico e tecnico sulla strategia aree interne che dovrebbe rispondere ai bisogni specifici delle comunità dell’entroterra a maggior rischio di spopolamento (e in questo rientra anche la risposta all’evento terremoto). Di questa strategia, pure finanziata ed avviata, si riesce a sapere veramente poco non essendo monitorata con siti e documenti che ne consentano una condivisione consapevole;
B. prevenzione delle diseguaglianze e promozione della salute:
- potenziamento delle attività comunitarie di prevenzione nel Piano Regionale della Prevenzione con specifico riferimento a quelle mirate ad una longevità attiva;
- lotta alle diseguaglianze che prima di essere combattute devono essere conosciute ed approfondite, ma grandi competenze sono presenti nell’ARS al riguardo;
C. qualificazione servizi:
- razionalizzazione delle rete ospedaliera per acuti con priorità per il consolidamento delle reti tempo dipendenti e di almeno otto reti cliniche (tra cui, ad esempio, quelle: oncologica, neonatologica, ortopedica, cardiologica e cardiochirurgica, neurologica, neurochirurgica e urologica) finalizzato al recupero nel tempo del saldo di mobilità passiva e del miglioramento della performance degli indicatori del PNE. Questa linea prevede anche un piano esplicito e monitorato di edilizia ospedaliera, che manca e deve essere attualmente ricostruito attraverso frammenti di informazioni, magari ricavate da comunicati stampa;
- gestione delle reti e dei processi (PDTA in primis) in una logica di progetto di qualità secondo la logica del ciclo Plan, Do, Check and Act (PDCA, ovvero raccogli dati, pianifica, agisci, verifica e correggi), alla base del sistema di accreditamento. La stragrande maggioranza delle attuali reti e degli attuali PDTA non opera così. Una particolare attenzione merita la rete dell’emergenza territoriale da migliorare sia in termini di efficacia che di efficienza;
- forte investimento sul governo della cultura del farmaco, che nelle Marche costituisce risorsa assolutamente e costosamente mal utilizzata;
D. qualificazione ruolo della Regione e delle direzioni Aziendali:
- messa a regime (o meglio, quasi avvio) della funzione informativa della Regione che presenta oggi assolute carenze e ritardi nella produzione di report e dati, compresi quelli rilevati obbligatoriamente ai fini degli adempimenti ministeriali e obbligatoriamente gestiti dalle aziende;
- la linea precedente viaggia con la ridefinizione del ruolo dell’ARS come organo tecnico terzo che in autonomia supporta il livello tecnico e politico dell’Assessorato e della Giunta;
- organizzazione strutturata nelle Aziende ed in Regione delle funzioni qualità e sicurezza cui vanno assegnate risorse e cui va dato un mandato forte e convinto che utilizzi il percorso di accreditamento come occasione di realizzazione sul campo di politiche per la qualità e sicurezza;
- migliore e diversa gestione della funzione di committenza nei confronti dei privati contrattualizzati, in grado di orientare davvero la loro produzione inserendola coerentemente nelle reti e nei PDTA;
- adozione di una politica per promuovere coinvolgimento e responsabilizzazione dei cittadini e degli operatori e di chi li rappresenta (che manca e quindi non viene praticata);
- adozione di una politica per la gestione delle risorse umane che ad esempio preveda uno studio delle professionalità carenti, faccia una gestione programmata dei rimpiazzi e delle professionalità critiche da acquisire e utilizzi veramente la valutazione del personale come strumento di miglioramento della qualità dell’assistenza;
- valorizzazione delle nuove professioni: va dato spazio negli organigrammi aziendali a dirigenti dell’area delle professioni e vanno istituiti i Dipartimenti delle Professioni
- rafforzamento del supporto da parte delle Università e dell’INRCS INRCA. A solo titolo di esempio, la produzione di più corsi di formazione manageriale da parte di più Università della Regione scollegati tra loro e da una politica regionale su cultura e pratica del management in sanità sono stati fino ad oggi una opportunità in parte persa, a prescindere dalla elevata qualità didattica in sé dei corsi. Quanto all’INRCA, in una Regione che potrebbe essere un laboratorio di innovazione sulle risposte ai bisogni della popolazione anziana, vi è sicuramente spazio per un suo ruolo più diretto a supporto delle politiche in questa area di fondamentale importanza;
- governo dell’innovazione tecnologica. Anche qui un paio di esempi: escono comunicati stampa su nuove avanzatissime, o comunque sofisticate, tecnologie (magari ancora spesso in discussione nella comunità scientifica come la chirurgia robotica) e non vi sono documenti o piani di valenza regionale che ne supportino la acquisizione e ne prevedano il monitoraggio di impatto. Altro esempio è la telemedicina: a che punto ci troviamo?
- gestione dei siti della Regione e delle Aziende finalizzata alla condivisione di tutte le progettualità di sistema con pagine specifiche dedicate a tutto ciò che adesso va faticosamente ricostruito recuperando tracce qua e là (liste di attesa, reti cliniche, progettto demenze, progetto cronicità, area salute mentale, area dipendenze patologiche, area diseguaglianze, edilizia sanitaria, telemedicina, strategia aree interne, ecc).
La situazione attuale: perchè il gioco del 15 nella sanità delle Marche è bloccato?
La attuale situazione della Regione Marche dipende molto dalla scelta di non cercare o addirittura di evitare momenti e strumenti di riflessione di sistema (analisi e condivisione dati, produzione di documenti a valenza strategica, confronto continuo con i vari portatori di interesse, ecc) essendo stata privilegiata invece una logica di tipo adempimentale. E quindi il sistema è molto gestito (e poco governato) attraverso un sistema a spezzatino di tanti obiettivi dati alle Aziende e di ancor più numerosi atti regolamentari e programmatori molto spesso privi di una chiara definizione di ruoli, risorse, tempi e indicatori di verifica. Quindi ci sono atti su (quasi) tutto (reti cliniche, PDTA, piano demenze, piano cronicità, accordi con i medici di medicina generale, cure palliative, ecc) e progetti verificabili e verificati quasi mai. E pensare che gli atti riportano sempre indicatori e gruppi di lavoro o organismi di verifica.
L’impegno del sistema è elevato, ma affannato in una logica di “portiamoci a casa il risultato”, risultato rappresentato di fatto prevalentemente dal risultato del rispetto dei vincoli economici e di funzionamento imposti dal livello centrale. Se non si alza lo sguardo da questo orizzonte a breve termine e non ci si da una strategia fatta di priorità e progetti la qualità dei servizi non aumenta e (per quel che può contare) le valutazioni comparative delle performance regionali non riusciranno a riconoscere nella sanità marchigiana veri e positivi cambiamenti. Insomma non si riuscirà a vincere il gioco del 15.
Come si fa a far venire fuori la casella vuota per cominciare a giocare davvero?
Facendo prima la scelta politica di far fare alla sanità marchigiana un gioco diverso da quello attuale in cui è sostanzialmente tutto gestito per continuità nella convinzione che non ci sia molto da cambiare. Facendo poi una scelta politica di organizzazione e composizione tecnica del livello regionale in modo da renderlo adeguato alla gestione di un processo di cambiamento in cui sono sono tante e complesse le questioni/azioni che vengono messe in movimento. E infine trovando le forme per far diventare condiviso e partecipato tutto il processo. Si può.
PS Diversi amici mi hanno dato dei suggerimenti di cui ho cercato di tenere conto. In alcuni casi la ricchezza dei loro stimoli merita uno spazio dedicato che offriremo subito.