L’azienda ospedaliera San Salvatore di Pesaro è stata istituita con la DGRM n.119 del 01/02/1995. La costituzione di un ospedale in azienda autonoma, disciplinata dal DL 502/517 del 92/93 e confermata dal DL 229/99, prevede la presenza di almeno 3 unità operative di alta specialità, tra quelle indicate dal DM sanità 29/01/1992. Ma soprattutto l’articolo 4 indica “in ogni caso non si procede alla costituzione in azienda ospedale qualora questo costituisce il solo presidio pubblico presente nella ASL”.
Dunque non solo l’Ospedale San Salvatore non possedeva le 3 alte specialità previste (esisteva solo l’Ematologia con trapianto), ma essendo l’unico ospedale dell’allora ASL n1 di Pesaro non poteva essere costituito in azienda autonoma.
Negli anni l’offerta ospedaliera del San Salvatore si è notevolmente arricchita con l’implementazione di nuove unità operative, come la radioterapia, la neurochirurgia, la gastroenterologia e la straordinaria evoluzione della medicina nucleare, della diagnostica per immagini etc.
Eppure la classificazione operata dalla DGR 1623/2018, che individua gli Ospedali Riuniti Marche Nord (San Salvatore di Pesaro e Santa Croce di Fano) come azienda ospedaliera di 2 livello, continua a non garantire i requisiti di azienda autonoma (anche in base al DM 70/2015, che tra l’altro classifica gli ospedali secondo livelli gerarchici crescenti per complessità). Infatti, non solo è insufficiente il bacino di utenza richiesto (da 600.000 a 1.200.000 abitanti: la provincia di Pesaro e Urbino ne conta 360.000), non solo non sono presenti altre discipline importanti come ad esempio la terapia intensiva neonatale, la chirurgia maxillo facciale, la chirurgia toracica, il DEA di 2 livello, ma persiste il vincolo del peccato originale rappresentato dall’articolo 4 sopracitato.
Un’azienda ospedale non può che essere classificata di 2 livello; dunque, per giustificare l’azienda autonoma Marche Nord, la Regione non poteva far altro che classificare Pesaro-Fano di 2 livello. Ma anche un grande ospedale, inserito in una ASL, può essere di 2 livello. Ma, requisiti a parte, l’obiezione più significativa, da parte di chi scrive, sta nel fatto che un ospedale organicamente inserito nel suo territorio risponde meglio alle esigenze della popolazione di riferimento perché facilita la riorganizzazione e la rimodulazione dell’offerta sanitaria su tutto il territorio del suo bacino di utenza, facilita il percorso del paziente dal ricovero alle dimissioni protette, essendo unica la regia, integra l’assistenza tra ospedali e servizi territoriali e, di conseguenza, realizza un contenimento della spesa pubblica e una maggiore efficienza organizzativa e strutturale.
Presupposto di questo processo è il superamento dell’attuale assetto della sanità regionale che prevede la rivisitazione dell’ASUR, la creazione di articolazioni provinciali con personalità giuridica, e il mantenimento dell’unica Azienda Ospedaliera di Ancona, in quanto sede della Facoltà di Medicina.
Questa proposta ricalca il modello che la Regione Emilia Romagna ha scelto da tempo, “sciogliendo” nel luglio 2017 l’unica azienda ospedaliera "non universitaria" , quella di Reggio Emilia, in un’unica ASL provinciale (le altre Aziende Ospedaliere esistenti sono sedi delle rispettive Facoltà di Medicina).
Il modello marchigiano attuale e quello previsto dalla DGR 1623/2018 ricalca quello lombardo a trazione leghista, bel paradosso!