Le Scienze di novembre segnala (a pagina 18) un interessante studio sull'"assistenza sanitaria" ai tempi dell'uomo di Neanderthal: piccoli gruppi di cacciatori raccoglitori tenevano ad ogni componente del gruppo e quindi si assicuravano vicendevoli cure in caso di malattia. Nello scorrere l'articolo originale (Living to fight another day: The ecological and evolutionary significance of Neanderthal healthcare) colpisce molto la tabella con i casi considerati, in particolare notando le date... Uno dei casi segnalati è relativo a Shanidar I: in giovane età ha subito un duro colpo alla testa con danni all'occhio sinistro e all'emisfero sinistro con probabile paralisi alla gamba e all'arto, nonostante ciò raggiunse la notevole, per l'epoca (tra i 45 e 35.000 anni fa), età di 35-45 anni!
Sembra quindi che l'attitudine a curare gli altri sia molto profonda nel nostro genere di esseri viventi!
Oggi prendersi cura degli altri è diventata una attività che richiede persone dedicate e formate allo scopo e una notevole mole di conoscenze scientifiche; eppure accadono cose strane. Ad esempio, il miglior modo di fare lo screening per il tumore della cervice (per avere come obiettivo la eradicazione di un tumore!) richiede la ricerca nel tampone di un virus, ma l'introduzione di questa metodica nelle nostra Regione scorre di anno in anno (mentre molte altre Regioni sono già operative e altre quasi arrivate...): questo ci dice che curare un malato che abbiamo di fronte e che fa parte del nostro piccolo gruppo è immediato e quasi inevitabile (anche per non avere il biasimo degli altri), mentre prendersi cura di decine di migliaia di donne (ignote e mai viste) non è automatico e sfugge alla definizione di specifiche responsabilità individuali (poiché il ritardo è difficilmente riconducibile all'azione di una sola persona)!
Questo dovrebbe ricordarci che è essenziale porre la massima attenzione agli esiti finali delle moltissime attività in corso nel sistema, comprese di quelle che non sono in corso o che tardano a svilupparsi per evitare che cose importanti sfuggano! Magari tramite pubblici cruscotti...
Tanto più che lo sviluppo di comportamenti altruistici non è una esclusiva degli umani: in un capitolo del Gene egoista Dawkins ricorda le ricerche di etologia sui vampiri che si scambiano il sangue raccolto per aiutarsi vicendevolmente (anche al di fuori dei legami familiari):
"Ma se abbiamo proprio bisogno di miti, i dati reali della vita dei vampiri potrebbero rivelare un significato morale diverso. Per i vampiri non soltanto il sangue non è acqua, ma anche al di là della parentela si possono formare legami duraturi di fratellanza di sangue. I vampiri potrebbero far nascere un nuovo mito, un mito di cooperazione reciproca. Potrebbero diffondere l’idea che, anche con i geni egoisti al timone, i buoni arrivano primi"*.
Quindi rendiamo merito all'esempio degli uomini di Neanderthal e, pur nella fitta rete determinata dalla complessità delle nostre organizzazioni, cerchiamo di essere tutti più... vampiri!
* Dawkins, Richard. Il gene egoista: La parte immortale di ogni essere vivente: posizioni nel Kindle 4844-4847. MONDADORI.