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Nel 2018 sono stati festeggiati un sacco di “anta”: riforma sanitaria (L.833/1978), assistenza psichiatrica (L.190/1978) e interruzione volontaria di gravidanza (L. 184/1978). Un compleanno con un altro "anta" che a nessuno è venuto in mente di ricordare sono stati i 50 anni della Legge Mariotti, la Legge 132/1968) . La Legge 132/68 (a braccio) istituiva gli enti ospedalieri, classificava gli ospedali per specialità e per importanza (zonali, provinciali, regionali), avviava la programmazione ospedaliera attribuendone la competenza alle (istituende) Regioni e costituiva il Fondo nazionale ospedaliero.

Il recente dibattito innescato dalla prevista evoluzione (chiamiamola così) di Marche Nord a ospedale di II livello  ha fatto risorgere l’attenzione verso la terminologia introdotta da quella Legge che sembrava dimenticata: sono tornati gli ospedali provinciali. In una versione virtuale: non gli ospedali che ci sono, ma quelli che ci saranno! E in attesa degli ospedali provinciali che verranno già che ci siamo facciamoli di II livello

Oggi, qualunque dibattito sulla sanità è nelle Marche il benvenuto. Troppo stagnanti sono stati gli ultimi dieci anni in cui ai molti (troppi) atti si è affidato il compito di cambiare i modelli organizzativi senza un vero confronto e senza una crescita culturale che consentisse di dare un senso alle parole che ormai si usano a ruota libera: presa in carico della cronicità,  reti cliniche (magari hub and spoke), ospedali di comunità,…

E quindi, seppure partito con il piede sbagliato (la nomina sul campo di Marche Nord a ospedale di II livello) il dibattito sugli ospedali delle Marche può essere una occasione di crescita della cultura politica e tecnica prima e della organizzazione della assistenza  ai marchigiani poi.

Purchè il dibattito sia serio. E serio rischia di non esserlo se non ci si rende conto di poche fondamentali cose: 

  1. la priorità per le Marche è la risposta sul territorio alla cronicità che si riuscirà a potenziare solo se verranno sottratte per razionalizzazione risorse agli ospedali;
  2. di ospedali di II livello fino a prova (prova, ripeto) contraria ne basta in base al buon senso e, soprattutto, alle regole ed ai dati uno: quello degli Ospedali Riuniti di Ancona;
  3. è fuorviante e sbagliato considerare i tre livelli degli ospedali del DM 70/2015 (di base, di primo e di secondo livello) come livelli diversi di qualità. Cambia la complessità organizzativa e la mission tra gli ospedali dei diversi livelli, non certo le competenze tecniche richieste;
  4. è perfettamente possibile (già è così) che eccellenze cliniche si sviluppino in ospedali di base e di primo livello: l’eccellenza non è data dalle dimensioni dell’ospedale, ma dalla cultura, organizzazione e pratica dell’assistenza erogata.

E poi, ma chi ha detto che alla fine del giro alle Marche basteranno cinque ospedali provinciali? Ci stiamo con la testa? E dove finiranno gli anziani con patologie croniche riacutizzate che già oggi gli ospedali non riescono a dimettere e che le famiglie lottano perché non vengano riportati a casa dove non saprebbero come assisterli? Occorre togliere centralità all’ospedale, ma non il ruolo.  Potenziare il territorio non vuol dire far finta che gli ospedali non servano, salvo poi nei fatti occuparsi solo di quelli.

Che la Legge Mariotti fosse attuale me ne ero comunque già accorto: quante volte avrete sentito anche voi dire alla televisione a alla radio “i feriti sono stati portati all’ospedale regionale di Torrette”
Appunto.

 

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