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Tutte le vicende che riguardano i Direttori (siano essi Generali che di Area Vasta, Amministrativi o Sanitari, di Azienda o di Agenzia/Servizio regionale, di Dipartimento o di Unità operativa) ricevono una grande attenzione mediatica. Di recente l’ attenzione è caduta sulla conferma o meno dei Direttori Generali, sulla nomina del Direttore dell’Agenzia, sui criteri di selezione dei Direttori di Area Vasta e, per concludere, su una interrogazione in Regione sull’effettivo possesso dei titoli previsti da parte di  molte di queste figure. Anche i nostri post più letti riguardano questo tema. 

Una domanda che viene da porsi è: ma in un contesto come quello attuale della sanità marchigiana cosa cambia se la scelta cade su un nome anziché su un altro? E’ ovvio che la domanda è provocatoria, ma a rifletterci un po’ sopra manco più di tanto. Prendiamo la scelta dei livelli direzionali più alti: Aziende e Aree Vaste. E adesso ragioniamo un attimo sulle caratteristiche del nostro sistema sanitario oggi:

  1. non si usano dati per il monitoraggio delle attività se non (male) quelli sulle liste di attesa e sulla mobilità;
  2. si scoraggia qualunque forma di confronto sulle criticità strutturali di sistema (carenza dei servizi territoriali, integrazione tra sociale e sanitario in grave ritardo, sottofinanziamento della prevenzione, carenze di risorse vistose in settori critici come quello delle cure palliative e della salute mentale … e l’elenco potrebbe allungarsi molto come sanno quelli che si sciroppano ogni tanto questo blog);
  3. enorme debolezza in tutte le attività di tipo progettuale in settori come: la telemedicina, l’integrazione dei medici di medicina generale nelle case della salute e nelle cure intermedie, il fascicolo sanitario elettronico, il piano demenze e il piano cronicità, il progetto aree interne (di cui parleremo i prossimi giorni)… e anche qui l’elenco si potrebbe allungare come sanno quelli che …;
  4. arretratezze nei rapporti convenzionali con i privati e la medicina generale;
  5. assenza di una comunicazione istituzionale seria con le comunità locali sui progetti dei nuovi ospedali spesso presentati senza analisi di dettaglio e con un pugno di slide;
  6. rinvio delle decisioni ad un nuovo Piano Sociosanitario che non si capisce come possa nascere e crescere in una cultura di rinuncia al dato ed al confronto.

In un contesto come questo qual è quel direttore che può ragionevolmente affrontare le criticità di sistema se la loro esistenza viene addirittura negata? Curriculum a parte qual è il tipo di direttore utile per questo sistema? Uno che ragiona in termini di sanità pubblica o  uno che accetta le priorità politicamente stabilite (senza dati)?

Ma analoghe considerazioni valgono per nomine che dovrebbero avere una valenza più tecnica. Facciamo conto che si voglia ridefinire il quadro delle direzioni di distretto (il momento sembra arrivato),  che tipo di direttore verrà “immaginato”? Un direttore per un distretto “forte” che governa i processi territoriali o un direttore che fa quel che può con le poche risorse che gli vengono affidate? Un direttore di distretto che può fare affidamento su una rete “vera” di  Case della salute  o un direttore che aspetta pazientemente accordi regionali più cogenti con la medicina generale?

Oppure si pensi ad un direttore di unità operativa complessa  di Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza che viene in un ospedale della nostra Regione che ha tutti bollini rossi negli indicatori del Sant’Anna sulla efficienza del pronto soccorso (più o meno è la situazione di tutti gli ospedali delle Marche). Come farà  il nuovo “primario” a modificare  in meglio questi indicatori se nel territorio servito dall’ospedale manca l’assistenza domiciliare, i posti letto di cure intermedie non sono stati tutti attivati, mancano i posti letto di post-acuzie, non c’è la presa in carico dei pazienti con malattie croniche da parte di ambulatori dedicati …

Un altro esempio ancora. Un dirigente delle professioni, facciamo conto un dirigente infermieristico, come può sperimentare innovazioni importanti come l'ambulatorio infermieristico per la presa in carico dei pazienti cronici se ancora nelle Marche se ne deve cominciare a parlare?

In un sistema sanitario come quello marchigiano che non è orientato al miglioramento basato sulle analisi, il confronto e la progettazione per i nuovi direttori (qualunque cosa andranno a dirigere) è sempre difficile fare la differenza. Non la possono fare da soli se non è una scelta coerente del sistema.  Detto per inciso: come non riescono a farla fino in fondo (e come vorrebbero) gli attuali direttori e dirigenti, purtroppo  non sostenuti dal clima che si respira nella nostra sanità. Su questo clima dovrebbe molto riflettere il governo regionale nei suoi organi politici e tecnici. 
Prima possibile che già è tardi.

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