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L’argomento è di quelle belli delicati,  ma c’è una occasione troppo ghiotta per non coglierla: la recente approvazione del nuovo protocollo d’intesa tra Regione Marche e Università Politecnica delle Marche, UNIVPM (DGR 1092/2018). Prima cerchiamo di sintetizzare gli aspetti più significativi della Delibera  e dell’accordo e poi seguirà qualche considerazione. Partiamo dai contenuti, chiarendo subito che gli interessati dovrebbero comunque leggersi (ovviamente) tutto il testo dell’Accordo.

I contenuti dell’accordo tra Regione ed Università Politecnica delle Marche

Un primo elemento significativo è rappresentato dal contributo annuale a carico del fondo sanitario regionale di 2.100.000 euro per la realizzazione e  gestione dei corsi di studio professionalizzanti di area sanitaria e dei corsi a ciclo unico. Si specifica che 100.000 euro sono destinati al Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria particolarmente riferito ai pazienti disabili che presentano difficoltà assistenziali maggiori. Qui una considerazione la facciamo subito: difficile commentare questa cifra di 2.100.000 euro che la Delibera definisce aumentata senza però fornire i criteri utilizzati per il calcolo. La stessa offerta formativa non viene descritta e se uno si vuole fare una idea occorre entrare nel sito dell’Università. Quei 100.000 euro per il Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria sa poi un po’ di  excusatio non petita… Motivare questo finanziamento con l’assistenza ai pazienti disabili quando un progetto regionale odontoiatria vero  dovrebbe garantire ben altro appare piuttosto strano.

Gran parte dell’Accordo (quasi tutto, in pratica) riguarda il funzionamento dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria: assetto istituzionale, assetto organizzativo, personale e patrimonio. Le parti con una rilevanza più di sistema riguardano le  modalità della collaborazione tra Regione ed Università (articoli 2 e 3) e le attività di ricerca e formazione (articolo 31). Cerchiamo di vedere cosa c’è dentro.

Al comma 2 dell’articolo 2 dell’Accordo sono declinati i principi alla base del rapporto Università/Regione (nel testo dell’accordo per non sbagliarsi in circa metà delle volte il rapporto è quello Università/Regione e nell’altra metà quello Regione/Università). Ho riportato qui sotto i primi tre:

  • impegno a perseguire, negli adempimenti e nelle determinazioni di rispettiva competenza, gli obiettivi di efficacia, efficienza, economicità dell'attività integrata di assistenza, didattica e ricerca, nell'interesse congiunto della tutela della salute della collettività;
  • partecipazione dell'Università alla programmazione sanitaria regionale per la parte relativa alla definizione degli indirizzi, dei programmi d'intervento e dei modelli organizzativi che interessano le strutture ed i servizi sanitari destinati all'esercizio dei compiti istituzionali dell'Università nel campo didattico-formativo ed assistenziale;
  • sviluppo di metodi e strumenti di collaborazione tra il sistema sanitario ed il sistema formativo dell'Università tali da perseguire, in modo congiunto, obiettivi di qualità, efficienza e competitività del servizio sanitario pubblico, qualità e congruità - rispetto alle esigenze assistenziali - della for­mazione del personale medico e sanitario, potenziamento della ricerca biomedica, traslazionale e clinica.

Come spesso succede in questi documenti il linguaggio è un po’ rituale (con continui riferimenti alla efficacia, efficienza, qualità, competitività e congruità dell’attività integrata di assistenza, didattica e ricerca). Ne emerge comunque, e non si può che condividere, che gli obiettivi dell’Università e del Servizio Sanitario Regionale coincidono pur “nel rispetto delle rispettive autonomie e delle specifiche finalità istituzionali”.

Si tratta di capire allora qual è il luogo in cui  vengono condivise le criticità e formulati i programmi comuni per affrontarle. Questo dovrebbe essere la Commissione Paritetica prevista all’articolo 3. Questa Commissione, a mio parere, presenta grandi opportunità per cui  riporto integralmente l’articolo che la riguarda dal titolo “Partecipazione dell’Università agli atti di programmazione sanitaria regionale”:

  1. L'Università e la Regione, nel rispetto delle reciproche autonomie e finalità istituzionali e senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, si avvalgono di una Commissione Paritetica, avente come fine quello di disciplinare le modalità per la collaborazione tra Servizio Sanitario Regionale e Facoltà di medicina per ciò che concerne la formazione specialistica, i corsi di laurea delle professioni sanitarie e la formazione permanente dei medici e del comparto sa­nità compresa quella dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, con il coinvolgimento delle strutture ordinistiche e delle organizzazioni di categoria .
  2. Tale Commissione concorre altresì, attraverso parere obbligatorio, alla definizione di atti di indirizzo per lo svilup­po della programmazione della formazione ed in particolare afferente:
  • all'elaborazione del Piano Sanitario Regionale;
  • all'introduzione dello sviluppo di tecnologie e biotecnologie di possibile traslazione alla medicina clinica;
  • alla definizione di indirizzi di politica sanitaria e di ricerca;
  • alle proposte di convenzioni o di modifica di quelle esistenti, attuative del presente protocollo d'intesa.

Il parere si intende espresso in senso favorevole qualora non pervenga entro 30 giorni dalla richiesta.

  1. La Commissione paritetica, tenuto conto delle finalità, è composta da cinque membri nominati dalla Regione Mar­che e cinque dall'Università Politecnica delle Marche ivi comprendendo anche la rappresentanza degli Enti del SSR facenti parte della rete formativa.

Sempre all’articolo 2 si definiscono le forme della integrazione tra Regione ed Università che si esprimono attraverso rapporti convenzionali tra l’Università e i diversi enti (Aziende ed INRCA). In queste convenzioni può essere attribuita la direzione di unità operativa a personale docente universitario. A proprio carico gli Enti del SSR possono finanziare la chiamata di professori di prima o seconda fascia e di ricercatori a tempo determinato. Sempre dall’articolo 2: con atto a parte è previsto un possibile rapporto convenzionale per l’utilizzo della biblioteca virtuale dell’Università da parte delle aziende e degli enti del SSR.

L’articolo 31 sulla Ricerca e Formazione è davvero strano e quindi lo riporto anche in questo caso per intero:

La dinamica evolutiva delle organizzazioni sanitarie richiede la capacità di affrontare le sfide ed il cambiamento attra­verso un processo di informazione ed aggiornamento continuo (Life-long learning). In considerazione di ciò, si rende ne­cessario utilizzare, in ambito sanitario, tecniche di simulazione che prevedono l'utilizzo di attrezzatura (simulatore o software procedurale) che, in una realtà virtuale, crea un paziente standardizzato per riprodurre situazioni e ambienti d cura allo scopo di insegnare procedure diagnostiche e terapeutiche, ripetere processi e concetti medici, assumere decisioni da parte di un professionista della sanità o di un team di professionisti. A tal fine Regione e Università convengono di istituire un Centro di Simulazione Integrato in formazione continua in medicina, gestito dall'Università in collaborazione con le strutture del Servizio Sanitario Regionale, la cui istituzione ed il funzionamento saranno oggetto di apposita convenzione. 

 

Alcuni primi commenti (personalissimi) all’Accordo

Una premessa: le istituzioni in Italia sono “permalose”. La critica non  le entusiasma, per così dire. L’Università non sfugge a questa caratteristica. Avendoci lavorato 10 anni lo so bene. Ma questo è uno spazio di libertà e vorrei usarlo senza troppe remore.

Un paio di considerazioni sono di tipo generale e probabilmente non riguardano questo accordo, ma il rapporto tra le Università ed il SSN. La prima è che l’integrazione avviene per lo più all’interno delle Aziende Ospedaliere e comunque degli ospedali. Ma se oggi il tema principale è la cronicità non si deve allargare l’integrazione ad altre tipologie di attività tipicamente territoriali? A solo titolo di esempio a Torino il prof. Renga fece convenzionare con l’Università un Servizio di Igiene Pubblica. Mi sembra una strada da esplorare. Altra considerazione: se ho capito bene qualunque attività convenzionata è per definizione a direzione universitaria. Anche in questo caso siamo sicuri che non sia un vincolo che sottrae molti possibili spazi di sperimentazione?

E adesso veniamo allo specifico della realtà marchigiana. La situazione delle Marche è particolare: una sola Facoltà di Medicina e Chirurgia. Quindi è ragionevole assumere che punti di forza e di debolezza del SSR corrispondano in qualche modo a punti di forza e di debolezza dell’UNIVPM. Un esempio clamoroso è la spesa farmaceutica. Dal Report Sant’Anna del 2016 emergono due dati che dovrebbero far riflettere: le Marche hanno di gran lunga la spesa procapite più alta tra le Regioni incluse nel report e storicamente la ASL prima e la Zona poi di Ancona è ai primissimi posti come spesa procapite più alta. I dati sono chiarissimi e costanti. Dati 2016: Marche 200 euro, Emilia-Romagna 185, Ancona 218 euro,  Pesaro 184, Bologna 163. Stiamo parlando di differenziali che valgono diversi milioni di euro a livello locale e decine a livello regionale. Può l’Università chiamarsene fuori? La risposta ovviamente è no. Tanto più che uno dei principi alla base dell’accordo è il seguente:

impegno di Regione ed Università nello sviluppo di percorsi formativi integrati tra macro aree di­sciplinari, coinvolgendo le aree medico-sanitarie con altre aree ad esse complementari nella stes­sa o in altre Facoltà della specifica Università nei settori del farmaco e della ricerca biomedica, traslazionale e clinica

Non è questa la sede per discutere quanto influiscano l’Università e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria  su questi dati. Mi accontento di sottolineare che anche una non influenza sarebbe grave, dato che la formazione e la ricerca sull’utilizzo appropriato dei farmaci sono un tipico e specifico compito della Università.

E questo ci porta alla mia successiva osservazione: ma dove e come si confrontano SSR e Università su come si perseguono  in forma integrata quegli obiettivi di qualità, efficienza, efficacia ed economicità che dovrebbero essere comuni alle due istituzioni e non essere limitati alle sole attività integrate dentro regimi convenzionali?  Lo strumento della Commissione Paritetica così come (mi pare) ha funzionato fino ad oggi non mi sembra adeguato a rispondere a questa fondamentale esigenza di mettere in linea gli obiettivi di SSR e Università. Lo stesso Articolo 31 che limita i riferimenti in tema di Ricerca e Formazione all’auspicio di un successivo progetto di sperimentazione di forme tecnologicamente assistite di formazione attraverso la simulazione lascia molto perplesso.

Ultime due  osservazioni. La prima. La formazione e la ricerca che interessano il SSR non sono ovviamente solo quelle di area medica, ma anche quelle che riguardano tutte le altre professioni sanitarie. Ma come fa l’Università a formare anche attraverso la ricerca adeguatamente professionisti che operano nel SSR  (dove fanno “pratica”) secondo modelli tradizionali che non accolgono le innovazioni tipiche della professione? Faccio ancora una volta un esempio:  dove “imparano” gli infermieri a operare come infermieri di comunità se questa figura di fatto nella realtà dei servizi delle Marche non esiste? E se non fa ricerca su questo l’Università come può supportare la evoluzione della professione infermieristica? La seconda. Nella formazione e nella ricerca di area sanitaria giocano un ruolo fondamentale altre competenze ed altre Facoltà dell’UNIVPM che nell’accordo stanno sullo sfondo. Oltre a Scienze, penso ad Economia, Ingegneria ed anche Agraria. Anche in questo allargamento del focus vedo grandi opportunità reciproche.

In sintesi: l’integrazione tra SSR e Università ha certamente trovato nell’Accordo qui sommariamente commentato un punto d’arrivo di problematiche che immagino sospese da tempo. La strategicità del rapporto merita che non ci si fermi qui e si allarghi l’orizzonte della analisi e della proposta.

PS Ne volete sapere di più sulla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’UNIVPM?

Leggete Lettere dalla Facoltà che trovate online. Il numero di luglio ospita ad esempio due interessanti interventi che a mio parere sottendono modi diversi (e non poco diversi) di vedere la medicina clinica. Uno è di Giovanni Pomponio, che risponde alla domanda “La medicina basata sulle evidenze: è davvero possibile fondare le decisioni cliniche (ed organizzative) su prove sperimentali?” e l’altro è di Armando Gabrielli (La medicina di precisione tra sfide ed opportunità).

 

PSPS: Ma ci sono sistemi di valutazione specifici delle performance  delle Facoltà di Medicina e Chirurgia e delle Aziende Ospedaliero-Universitarie?

Per gli interessati  vengono forniti i seguenti riferimenti. E’ di recente uscita una gradutoria CENSIS delle Università Italiane e delle singole facoltà (basta consultare il sito www.censis.it muniti di username e password, che danno a tutti subito). Quanto alla performance delle Aziende Ospedaliero-Universitarie c’è quella dell’Istituto Sant’Anna con i dati 2016 scaricabile anche dal nuovo sito dell’ARS nella Sezione Documenti (Report Nazionali).

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