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Ieri ad Ancona (qua in realtà si direbbe in Ancona) c’è stato il convegno su “Il ruolo della mutualità tra pubblico, privato e privato sociale” promosso da Cittadinanzattiva Marche. Il Convegno aveva delle relazioni di alto profilo che avrebbero meritato una partecipazione più ampia da parte di quelli che hanno a cuore il futuro del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e che magari hanno ruoli politici e manageriali importanti.

Vi dirò cosa ho capito ieri  e quali sono le domande  che ho in mente e che non trovano ancora risposta. Ma lo farò a puntate. 
Una premessa: mi ha fatto una certa impressione vedere in evidenza nel titolo del convegno il termine “mutualità”. Per me che sono cresciuto professionalmente a pane e Legge 833/1978 che istituiva il SSN tornare a parlare di mutue è davvero uno sforzo innanzitutto emotivo. Per me (e molti altri in realtà) le mutue erano il passato da superare e superato: il modello di sanità in cui vi erano differenze forti tra i cittadini in termini di prestazioni garantite e in cui la miriade di Enti coinvolti rendeva impossibile un governo unitario della sanità stessa. E adesso le mutue, seppure con forme diverse,  tornano non solo con il convegno di Ancona, ma con una miriade di iniziative di livello nazionale e locale e con una notevole attenzione da parte della stampa specializzata e dei ricercatori. La difficoltà emotiva aumenta se si pensa che il 40esimo compleanno del SSN non mi pare che nella nostra Regione sia stato festeggiato.

In realtà delle “nuove” forme di mutualità è giusto che si parli perché in effetti qualche problema col SSN c’è (citazione d’obbligo: "Okay, Houston, abbiamo avuto un problema qui"). Nel caso delle nuove mutue il problema da cui si parte e che compare sempre nelle prime slide di qualunque intervento al riguardo è che il SSN non ce la fa a garantire tutte le prestazioni sanitarie di cui i cittadini hanno bisogno e a riprova di questa affermazione si portano di solito dati sui seguenti  fenomeni tra loro intrecciati:

  1. il progressivo invecchiamento della popolazione che aumenta i bisogni;
  2. il progressivo impoverimento della popolazione;
  3. il sottofinanziamento della sanità pubblica;
  4. la spesa sanitaria privata delle famiglie italiane per la sanità in aumento e ormai corrispondente ad una percentuale importante della spesa sanitaria totale;
  5. rinuncia di molti cittadini alle cure  per motivi economici;
  6. indebitamento di molte famiglie per accedere alle cure.

Se tutto questo è vero un sistema mutualistico “equo” che integri/supporti il SSN potrebbe (secondo alcuni) dare una grossa mano. E qui si aprono due mondi, anzi tre:

  1. gli entusiasti (troppo entusiasti?);
  2. i tecnici di estrazione prevalentemente economico-giuridica;
  3. i critici (di solito si aggiunge prima ferocemente, ma se uno è critico basta: che bisogno c’è di fare la faccia brutta e feroce?) di estrazione epidemiologica e di sanità pubblica.

Siccome i problemi in campo sono davvero grossi perché hanno a che vedere con questioni come l’equità e accessibilità delle cure e le diseguaglianze di salute vediamo di studiare. Io lo farò e suggerisco di fare altrettanto a tutti quelli che hanno a cuore la nostra sanità. Ecco i primi libri di testo: 

  1. dalla parte degli entusiasti propongo il criticatissimo rapporto RBM-Censis;
  2. dalla parte dei tecnici propongo alcuni contributi scaricabili online di Aldo Piperno e del nostro Emmanule Pavolini (lavora ed insegna a Macerata) e collaboratori;
  3. dalla parte dei critici feroci un documento della Rete Sostenibilità e Salute.

Nelle prossime parti procederemo con ordine ad approfondire il rapporto tra criticità del SSN e possibile  ruolo delle nuove forme di mutualità. Buono studio.

 

 

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