Tante dimensioni da tenere in sintonia tra loro...
L'individuo può avere come orizzonte etico quello basato sul principio secondo cui "agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale" e quindi per l'individuo in quanto tale è importante valutare se è accettabile che tutti tengano quella specifica condotta/norma. Oltre ad un immediato rifiuto della violenza, ne dovrebbe derivare una naturale allergia al ricevere o concedere privilegi. E in un Paese con ancora le clientele, anche una piccola evoluzione in questo senso sarebbe rivoluzionaria (Clienti o clientes?).
Il cittadino deve confrontarsi con un pacchetto più ampio di regole esposte nella Costituzione. In questo blog l'abbiamo citata più volte; questa volta vorremmo ricordare l'articolo 97: si spende quello che si ha (non occorre infantilmente basarlo sulle indicazione della Dea Europa poiché è evidente in sè, se si tengono presenti le future generazioni); in coerenza con questo principio il legislatore ha stabilito che il Direttore generale di una qualsiasi Azienda Sanitaria che non mantiene l'equilibrio economico finanziario, decade automaticamente. Ma allora non si capisce, non solo nella nostra Regione, perché venga destinata una quota rilevante degli incentivi al rispetto del budget. Penso che le Regioni sono gli unici datori di lavoro che premiano un dipendente.... per non essersi fatto licenziare.
Il medico purtroppo ha oggi di fronte un codice di deontologia prolisso e troppo ampio per definire principi nitidi. Si può respirare un'altra aria col codice di deontologia infermieristico: oltre che per l'attenzione ai malati e al rapporto tra le professioni, per il valore che dà all'essere parte di una organizzazione (che può avere carenze):
Articolo 49
L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale.
Ad alcuni capita la fortuna di poter anche essere pubblici impiegati (i mitici del posto fisso del film di Zalone) e a questi la Costituzione dedica una frase importante:
Art. 98.
I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
Una simile espressione nella Costituzione è riferita solo ai Parlamentari e questo esprime chiaramente cosa i costituenti avevano in mente quando pensavano ai pubblici impiegati. La Nazione, che il pubblico impiegato serve, richiama i grandi pensatori che seppero immaginarla e il tanto, ma tanto davvero, sangue versato per realizzare questo sogno, che dà sicurezza e futuro (quella sicurezza e futuro che concretamente si vedono nei luoghi del terremoto).
Per accordare queste quattro dimensioni è indispensabile un approccio insieme "in bianco e nero" e "numerico". L'approccio "in bianco e nero" è ben chiarito da Aynt Rand nel capitolo "Il culto del grigiore morale", ma basti dire qui che la scelta tra bianco e il nero evitando il grigio tiene lontani dal rischio delle troppe compromissioni, presentate magari come opportune mediazioni. La dimensione numerica è essenziale a contrastare un certo italico costume propenso all'astrazione: esplicitare come misurare un valore e guardare ai numeri! Ma di questo abbiamo già parlato in Volere valori!
Questo giro largo non può non concludersi che con una riflessione della Arendt su Socrate:
"Di Socrate, questo amante della perplessità, esistono pochissime affermazioni positive. […]
Le due proposizioni socratiche positive sono le seguenti. La prima è: «Patire un torto è meglio che commetterlo», a cui Callide, l'interlocutore del dialogo, replica come avrebbero replicato tutti i Greci: «Subire un torto non è da vero uomo, ma da schiavo per il quale meglio è morire che vivere se, offesi, non si sia capaci di aiutare se stessi o chi ci sta a cuore». La seconda dice: «Personalmente, sarebbe meglio suonare una lira scordata, dirigere un coro stonato e dissonante, e anche che molti uomini non fossero d'accordo con me, piuttosto che io, essendo uno, fossi in disarmonia e in contraddizione con me stesso»". H Arendt. La vita della Mente. Il Mulino; 2009: 274-5.