Chiamiamo le cose col loro nome, scelta che aiuta a capire il problema e individuare la soluzione: le Marche hanno un drammatico problema per i farmaci che genera una spesa fuori dai parametri nazionali di 70.000.000 € (nel report gennaio - novembre 2017).
Ora difronte ad una simile dispersione di risorse, che corrisponde ad una riduzione nei servizi che si possono erogare (quelli che servono a fare salute, a differenza di molte terapie farmacologiche), occore definire una strategia di azione. Ne abbiamo parlato tante volte, ma...
La Regione ha adottato al riguardo molte delibere. Una delibera "draconiana, la DGR 963/2017, che però in molti punti riprende la metodologia già adottata dalla DGR 974/2014. Molte azioni sulla spesa farmaceutica sono espressamente riprese negli obiettivi assegnati alle Aziende sanitarie (vedi quelli della DGR 146/2017, a loro volta già indicati nella DGR 665/2015): ma allora cosa c'e' che non va? Si possono fare alcune ipotesi.
Forse serve un cruscotto condiviso e pubblico degli obiettivi delineati nelle DGR sopra elencate e progetti specifici di approccio alle diverse linee di azione monitorati periodicamente. O magari invece di far riferimento al valore medio nazionale la Regione può scegliere come target il valore migliore nazionale. Serve comunque un cruscotto che permetta di vedere a tutti a che punto siamo con lo sforzo collettivo di cambiare rotta nella spesa per i farmaci e superare questo spreco di risorse pubbliche.
Ma occorre anche rilevare come tutte le realtà che rispettano il tetto di spesa per la farmaceutica (che non è stato fissato per togliere salute, ma per garantire un uso corretto del fondo sanitario) hanno il ticket sui farmaci, mentre le 3 realtà senza ticket (Marche, Fiuli VG e Sardegna) sono in pessima posizione per il livello di spesa. Purtroppo è un effetto noto come Tragedia dei beni comuni il fatto che se qualcosa è accessibile senza costi si tende ad abusarne (non si tratta di un dato ideologico, ma una osservazione della realtà) e visto che abbiamo un drammatico problema dovremmo far cadere un tabù su questa materia e ragionare su una qualche forma di compartecipazione (lo fanno tutte le altre regioni escluse quelle tre e quindi non si tratta di una misura colorata di ideologia). Certo questa misura modificherebbe il buon dato sulla spesa di tasca propria delle famiglie per la salute (dove abbiamo un dato eccellente, non per caso), ma si potrebbe andare a guardare nel dato elevato della spesa per prestazioni in libera professione (magari integrando gli organismi paritetici con le associazioni dei cittadini e convocandoli...).
Infine, è rimasta sostanzialmente inapplicata una misura prevista negli atti sopra indicati: immettere nel sistema più esperti nella gestione dei farmaci ed in particolare più farmacisti. I medici e gli infermieri hanno bisogno ciascuno per il proprio ruolo di una conoscenza specifica per gestire i farmaci (ma anche i dispositivi medici, altro problema per il nostro sistema), per la quale abbiamo anche importanti poli formativi in regione a Camerino e Urbino.
Quanti dipartimenti clinici hanno un farmacista di riferimento?
La sintesi è che comunque manca la consapevolezza complessiva di sistema della gravità del fenomeno e della salute che i soldi dispersi nei farmaci potrebbero produrre.