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Nella nostra riunione di redazione di ieri (le nostre riunioni sono di solito chat su whatsapp all’alba nei giorni lavorativi e quando capita in quelli festivi) avevamo deciso di dedicare il post di oggi agli sprechi in sanità. Volevamo prendere spunto da un interessante post comparso su www.sossanita.it in cui si commenta un articolo sugli sprechi comparso sul New England Journal of Medicine. Si tratta di un articolo controcorrente in cui si consiglia di stare in guardia rispetto a quella che viene chiamata la crociata del “less is more”, ovvero del fare meno per fare meglio. La lotta allo spreco in sanità, dice l’autrice dell’articolo, non deve spingere ad un eccesso di semplificazione di fronte a problematiche complesse: e se -ad esempio- chi spende più ottenesse migliori risultati?

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Tanti tanti anni fa la trasmissione Striscia la notizia pensò bene di lanciare uno screening per l'epatite C: non avete sintomi... potreste essere malati, fate le analisi! 
In fondo fare un accertamento in più male non fa... si pensa.  Invece è tutto il contrario.

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Scadono  il prossimo 5 novembre i termini per l’invio da parte della Regione al Ministero delle proposte progettuali relative al Programma 2018 del cosiddetto CCM (Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle malattie). Certamente scadono prima i termini dati dalla Regione per raccogliere le proposte progettuali. E’ la Regione, infatti, che seleziona i 2 progetti da proporre al Ministero. Sarà poi il Ministero a selezionare quelli approvati ed ammessi a finanziamento. Quindi magari vi sarà già arrivata da tempo tutta la documentazione utile per redarre il progetto.

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Con una prontezza che sarebbe bello registrare su altre questioni (come il nuovo Piano Sociosanitario) è stata data la delega per la sanità al consigliere Federico Talè, dopo la rinuncia alla stessa da parte del consigliere Volpini. Proviamo a fare una analisi tecnica del provvedimento cercando di dare una risposta a due  domande: 

  1. perché si continua a rinunciare ad un assessore vero?
  2. perché la scelta è caduta sul consigliere Talè?

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...del resto è lo stesso che mi ero fatto sul caso del prof. Di Stanislao.
E i competenti hanno spesso una abitudine non gradita a chi comanda: dissentire in modo argomentato e proporre correttivi agli errori.

Di gran lunga preferiti sono gli in/competenti che invece preferiscono offrire il loro incondizionato consenso ai potenti senza argomenti e l’entusiastica adesione anche a scelte sbagliate o inutili o quanto meno discutibili.
Forse per far carriera?
E la competenza è di frequente accompagnata da un’altra virtù negletta: l’umiltà, che spinge i competenti non a cercare lo spot in TV o sul giornale ma a lavorare duramente per raccogliere risultati, dopo aver studiato duramente per raccogliere dati.
Invece vincono, convincono e appaiono gli igno-arroganti (i “no-dati”). Anche in Sanità.

Accade poi che alcuni competenti accettino consulenze a titolo gratuito. Peraltro è quello che fanno i moltissimi del mondo del volontariato (intendo: lavorare gratis, anzi, con dei costi personali anche economici), non pochi dei quali sono più competenti di molti “com-potenti”. Ho sentito uno di questi ultimi (i “com-potenti”) un giorno dare con davvero sottile ironia del “seminarista” al prof. Di Stanislao (ovviamente in sua assenza), pensando fosse solo dedito a fare “seminari”.

Arrogante e ignorante: perché arrogante potrebbe capirlo perfino lui; ignorante perché ha dimostrato ai molti presenti (il mondo del volontariato) di non sapere quanto Di Stanislao abbia studiato, scritto, rappresentato ed anche e soprattutto fatto nella sanità. Non solo marchigiana. Mi chiedo anche però, se sia giusto che i competenti lavorino gratis. Per una serie di ragioni.

La principale è che l’assenza di retribuzione fa credere che quel lavoro non valga nulla, in un contesto sociale in cui il denaro, il successo, l’apparenza, l’ “igno-arroganza” appunto, la fanno da padroni. E naturalmente ai competenti gratuiti non sono dati gli strumenti, i mezzi, gli spazi, le persone (sorpresa! Questi non sono gratuiti) per fare quello che, con qualche cedimento alla società dell’apparenza e della rappresentazione, era comunicato ai cittadini.

Perché dunque meravigliarsi dei passi indietro di gente in gamba?
Eppure. L’epidemiologia, il sistema informativo, i tempi e le liste di attesa, la valutazione delle tecnologie, i percorsi assistenziali, l’appropriatezza delle prestazioni e delle prescrizioni, il rischio clinico, l’assistenza socio-sanitaria, la presa in carico post-dimissione, le strutture territoriali, la salute mentale, la sicurezza nei luoghi di lavoro, il rischio clinico, la trasparenza, l’inquinamento ambientale, l’accreditamento e l’autorizzazione, la sostenibilità, la formazione, l’ “eccellenza”, troppo spesso evocata a sproposito (ed altro ancora), sono problemi complessi, in molti casi interagenti fra loro, per affrontare i quali è necessaria un’alleanza di intelligenze, di competenze, di professioni, di discipline che esistono! Fra gli operatori, fra i cittadini e le loro associazioni; anche fra i rappresentanti eletti nelle istituzioni e i tecnici scelti per dirigere le aziende io sono sicuro che, a ben cercare, esistano: nessuno però si deve sentire primadonna o capace di risolvere da solo una costellazione di questioni così grandi (“non esistono soluzioni semplici per problemi complessi” “o, se si crede esistano, sono sbagliate”).

Solo un impegno collegiale, umile (sic), prudente, lento ma continuo, sulla base di grandi visioni strategiche e concreti progetti specifici può farci camminare nella direzione giusta. Le risorse ci sono, se il Palazzo vuole davvero raccoglierle. O vuole accontentarsi di improvvisati ed isolati “esperti” (magari anche ben retribuiti) che mostrano sempre una gran fretta e pretendono che tutti corrano, ai loro ordini naturalmente, molto molto velocemente, senza però saper bene dove, come e per fare cosa.

Come fecero l’ammiraglio Persano a Lissa (non lontano da Ancona nel 1866) o la “catena di comando” Capello-Cadorna-Badoglio nel 1917: la storia e le tecniche organizzative aziendali possono insegnare molto a proposito. Certo: è necessario leggerle, studiarle, comprenderle ed applicarle per evitare sonore sconfitte. Se impareremo tutti, operatori, manager, amministratori, cittadini a farlo insieme qualche speranza di miglioramento credo ci sia.